Lo scrittore Anthony Caruana: «Con un romanzo fotografo lo scontro tra giovani e adulti nella Roma di oggi»

Lo scrittore e musicista Anthony Caruana nato nel 1978 negli Stati Uniti, da anni residente a Civitavecchia
Una Roma tutta contemporanea che fatica ad accogliere le sue diverse sfaccettature, uno scontro-incontro tra generazioni, la musica che si fa dato di cronaca: è su queste...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Una Roma tutta contemporanea che fatica ad accogliere le sue diverse sfaccettature, uno scontro-incontro tra generazioni, la musica che si fa dato di cronaca: è su queste direttrici che si muove “Sul filo del coraggio” (ed. Bertoni), ultimo romanzo di Anthony Caruana, il 44enne scrittore di Civitavecchia, con alle spalle una menziona al Premio Strega con l’opera “Contorni Opachi”.

Il libro parte da una vicenda di cronaca: la scomparsa improvvisa di un ragazzo, tra la disperazione dei genitori e il silenzio dei coetanei. Perché questa scelta?

«Volevo raccontare uno di quei fatti che a volte vengono trattati superficialmente, soprattutto in provincia. L’elemento thriller coinvolge il lettore, lo tiene ancorato al libro, e allo stesso tempo stesso può essere la metafora di ciò di cui si vuole scrivere, in questo caso la difficoltà di comunicazione tra generazioni».

Come è riuscito a descrivere la distanza tra la generazione Z e i boomer?

«Ho 44 anni, quindi mi trovo a equa distanza dal mondo dei ragazzi e quello dei genitori. Come insegnante di musica sono costantemente in contatto con i giovani: ho scoperto un mondo molto ampio che mi affascina. Credo che a volte i ragazzi vengano considerati in modo superficiale: loro non parlano e noi evitiamo di far e domande. Quando si aprono, come capita durante le nostre lezioni, mostrano una grande ricchezza e profondità. In molti adulti ho notato invece la voglia di restare sempre giovani, curando il fisico e l’estetica: ritengo che sia un desiderio di vita, positivo, che tuttavia può condurre a esagerazioni».

Il libro ha un’impostazione grafica particolare: sono presenti immagini, titoli di coda sullo stile cinematografico e persino Qr code che permettono l’accesso a contenuti multimediali originali fruibili in rete. Qual era l’obiettivo?

«Tutto è nato dalla necessità di provare a capire le difficoltà di comunicazione tra la generazione Z e il mondo adulto, in un contesto in cui i mezzi sono sempre più vari. L’inserimento di contenuti extra vuole essere un invito agli adulti affinché cerchino di avvicinarsi ai più giovani anche attraverso le loro forme di comunicazione. E poi sono un musicista di professione, non potevo non aggiungere delle composizioni ad hoc».

La vicenda è ambientata a Roma: perché lei, nato negli Stati Uniti e residente di Civitavecchia, ha scelto la capitale?

«È un paradigma di quello che voglio raccontare: un insieme di bene e male che coesistono, si sovrappongono e persistono nel tempo. Roma è da un lato la Città Eterna, ma allo stesso tempo è contemporanea; è ferma, eppure si muove: nel libro metto in luce i suoi contrasti, che sono ciò che la rendono la città è più bella per eccellenza».

Qual è il suo rapporto con Roma?

«La amo tantissimo e il mio romanzo vuole essere una dedica affettiva ed emotiva alla città. Io abito a Civitavecchia, dove mi trovo molto bene, eppure sento sempre un’attrazione verso la capitale, con le sue  opportunità, diversità e quel mondo musicale a me caro. Per me è un rifugio: quando voglio stare un po’ con me stesso, prendo il treno e vado a Roma».

Nel romanzo ha inserito anche la pandemia.

«Con l’obiettivo di fotografare la realtà, non potevo non parlarne. È un sottofondo, ma che condiziona alcune scelte, alcune reazioni dei personaggi».

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero