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Icona di una canzone (quasi) perduta, protagonista dei più grandi palcoscenici della musica e della tv, donna di spettacolo. Unica. Carismatica. E terribilmente fragile. Da vent’anni Gabriella Ferri non c’è più - si spense il 3 aprile del 2004 a Corchiano, in provincia di Viterbo - e per ricordare l’anniversario di quel tragico giorno, e la grandezza di un’artista simbolo della canzone romana, il Messaggero porterà in edicola domani - nel comune di Roma e Ostia insieme al quotidiano, con un sovrapprezzo di 6,90 euro - la biografia Gabriella Ferri: la voce di Roma, scritta da Valeria Arnaldi.
IL PERCORSO
In tutto 160 pagine e 26 capitoli per ricostruire il percorso umano e creativo di un’artista sulla quale, ancora oggi, non esiste una vera e propria bibliografia di riferimento (tranne il volume a cura di Pino Strabioli, Gabriella Sempre, del 2009) ma una miniera di “tracce” lasciate da Ferri, fin dagli anni Sessanta, nel panorama culturale italiano.
GLI AMORI
Due le storie d’amore importanti, quella infelice con il primo marito Giancarlo Riccio e quella, durata sino all’ultimo, con Seva Borzak, conosciuto nel periodo in cui usciva il fortunato Ti regalo gli occhi miei. Ma la storia più profonda è quella con la musica, che non si interrompe (quasi) mai, anche quando la tv - negli anni Settanta - entra con prepotenza nella sua vita: sono gli anni di Adesso è musica, Dove sta Zazà (dal titolo della sua canzone), e ancora Il circo della musica, varietà che la lanciano definitivamente come stella. Le cesure della vita, però, sono ferite che lasciano cicatrici: la scomparsa del padre la porta nel 1975 a tentare il suicidio. Cade, ma si rialza. I pettegolezzi sulla sua vita si fanno insistenti - si dice che si droghi e che sia pazza: negherà sempre - lei risponde giocando la carta del cinema (Remo e Romolo, del 1977) e andando avanti anche quando, tra gli Ottanta e i Novanta, la sua stella sembra offuscarsi. Si dedica all’arte, abbandona Roma, la sua fine - incidente o atto volontario - è avvolta nel mistero. Alda Merini, la poetessa, la congedò con grazia: «Sei libera, finalmente».
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Il Messaggero