Erano passati anche da Giulianello di Cori i ragazzi finiti in carcere con l'accusa di avere ucciso a calci e pugni Willy Monteiro Duarte a Colleferro. Nel giorno dei funerali...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Vedi anche > Willy, i fratelli Bianchi chiedono l'isolamento in carcere: hanno paura delle ritorsioni
«I ragazzi alla ribalta delle cronache sono stati anche da me ricorda Stefano - era una sera d'inizio estate. È stata una mezz'ora, sul tardi, e non è successo nulla di particolare. Eppure tutti i presenti, quella mezz'ora se la ricordano bene. Anzi, ne ricordano bene i primi dieci minuti, sufficienti a fargli passare la voglia di restare. Eravamo seduti tutti fuori continua sul post che ha pubblicato sul suo profilo Facebook - e ci siamo girati a guardare il Suv che sbucava dall'arco a tutta velocità per poi inchiodare a due metri dai tavolini. Sono scesi in 5 con l'atteggiamento spavaldo di chi a 25 anni gira col Suv, in gruppo, coi capelli tinti, le catene al collo, i vestiti firmati, i bicipiti tirati a lucido. È calato subito il silenzio racconta - sono stato costretto ad alzarmi quando ho sentito un poco promettente chi è che comanda qua dentro?', detto dal primo che si era affacciato sulla porta».
Sono stati momenti di tensione, ma quella sera la situazione non è poi degenerata. «Sono andato verso il bancone senza neanche rispondere, mentre loro mi seguivano dicendo ah, ecco, comanda lui, è questo qua'. Hanno iniziato a fare mille domande, prima sugli orari di apertura di tutti i locali del paese, poi sulle birre, sul modo in cui si lavano i bicchieri, sulla quantità della schiuma, c'era un'atmosfera pesantissima. Ho visto con la coda dell'occhio tutti i tavoli fuori svuotarsi, le persone buttare un occhio dentro e andar via, e, mentre cercavo di rispondere alle domande, hanno iniziato a fare una gara di rutti sopra la mia voce a cui non ho reagito in nessun modo. Ho servito le birre come nulla fosse, e ricordo bene l'espressione di quello che ha messo mano al portafogli e mi ha chiesto quant'è, senza guardarmi. La stessa espressione che rivedo in ogni post di questi giorni. Hanno bevuto, fatto casino, brindato, ruttato, e sono ripartiti sgommando col Suv, come cani che hanno appena pisciato su un territorio nuovo e se ne vanno soddisfatti. Ho chiuso e mi sono diretto a casa, ho iniziato a tranquillizzarmi soltanto lì. Ho pensato con rabbia alla mia vigliaccheria, al mio non aver proferito parola, al mio averli serviti con educazione mentre mi mancavano palesemente di rispetto e al fatto che avevano la metà dei miei anni. Ho pensato che avevo soltanto chinato il capo davanti alla prepotenza. Ho pensato che avevo avuto paura. Semplicemente. Tristemente. Oggi - conclude Stefano Sorci - alla luce dei fatti recenti, forse non me ne vergogno più, provo solo una stima enorme per Willy e per la sua sterminata mole di coraggio racchiusa in uno scricciolo d'uomo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero