Addio Antonio Pennacchi. «Un grande perfezionista», il ritratto dei suoi editori

Antonio Pennacchi
Un perfezionista. Leggeva e rileggeva i suoi scritti ma difficilmente arrivava alla soddisfazione di considerarli finiti. Aveva sempre bisogno di un piccolo miglioramento, una...

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Un perfezionista. Leggeva e rileggeva i suoi scritti ma difficilmente arrivava alla soddisfazione di considerarli finiti. Aveva sempre bisogno di un piccolo miglioramento, una smussatura, una correzione per raggiungere un risultato più soddisfacente. Era così Antonio Pennacchi nel suo lavoro di scrittore. Più che un lavoro in realtà era per lui una missione «per raccontare la verità». Al di là dell'arte di romanzare, Pennacchi voleva trasmettere storie vere, ricostruire gli eventi con un approccio rigoroso. Nel video promozionale del suo ultimo romanzo, La strada del mare, lo scrittore cita il poeta romano Lucilio. «Diceva ex praecordiis ecfero versum, dalle budella tiro fuori i versi. L'artista deve raccontare tutto quello che c'è nell'animo umano, il bene e il male: perché è tutto mischiato».

IL SALUTO
Al termine del funerale, nella cattedrale di San Marco, sono stati due gli interventi che hanno dipinto l'immagine professionale di Pennacchi. Hanno parlato l'editor della Mondadori Giovanni Francesio e il direttore di Limes Lucio Caracciolo.

«Con Antonio - ha detto Francesio - la nostra casa editrice ha avuto un rapporto unico, probabilmente irripetibile. Non era solo uno scrittore di cui eravamo orgogliosissimi, ma era anche un uomo e un intellettuale che partecipava alla vita della Mondadori come nessun altro. Era un vulcano di idee, consigli, suggestioni, complimenti (pochi), reprimende molto più spesso... E' stata una presenza fissa e costante. Venire qui per noi è stata un'esperienza bellissima, abbiamo conosciuto la sua famiglia e lui le nostre, uno scambio davvero prezioso».

Sul suo lavoro era molto preciso e puntiglioso. «Spesso - ha raccontato Francesio - mi sono permesso di suggerirgli qualche taglio, qualche modifica e lui non reagiva sempre molto bene, mi diceva sostanzialmente di no. Ma poi ci rifletteva in solitudine e alcuni dei consigli venivano accolti, magari senza dire nulla...».

L'INCONTRO A ROMA
«Ho conosciuto Antonio tanti anni fa - ha raccontato Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes - in una libreria a Trastevere quando il suo lavoro Mammut fu rifiutato da 44 editori... Di Antonio ho apprezzato tantissime cose, soprattutto la passione per la Roma che ci univa. Quando Paulo Roberto Falcao venne a Roma gli chiesero di far vedere qualcosa da brasiliano e lui mostrò delle acrobazie con la palla, poi si fermò e disse: Io però sono un giocatore vero. Ecco, allo stesso modo, Antonio Pennacchi non amava i numeri da giocoliere, lui scriveva così come gli veniva e la sua era una scrittura concreta e vera. Aveva una cultura vasta ma soprattutto profonda, la usava con intelligenza e mai con superiorità.
Era un grande perfezionista e quando arrivavano i suoi lavori, li leggevo con attenzione ma mi rendevo subito conto che non c'era assolutamente nulla da modificare. Si potevano prendere e pubblicare così come erano arrivati. Lui era molto attento, leggeva e rileggeva per poter limare ogni piccola imperfezione. Ogni minimo dettaglio doveva essere assolutamente perfetto».

Marco Cusumano
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Il Messaggero