Trasfusione di sangue infetto, arriva il risarcimento quando il paziente è già morto

Trasfusione di sangue infetto, arriva il risarcimento quando il paziente è già morto
La sentenza che condanna il Ministero della salute a risarcire 400.000 euro è stata notificata oggi ma l'uomo che era stato infettato  da una trasfusione di sangue...

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La sentenza che condanna il Ministero della salute a risarcire 400.000 euro è stata notificata oggi ma l'uomo che era stato infettato  da una trasfusione di sangue quando aveva 28 anni  non potrà mai incassare la somma visto che è morto 10 mesi fa. Le trasfusioni risalgono al 1972 e la causa era stata intentata nel 2012, quando l'uomo aveva scoperto l'epatite C. Il virus, infatti, può restare "silente" anche per 40 anni, come in questo caso.


Il protagonista di questa ennesima drammatica storia giudiziaria  si era rivolto all'avvocato Renato Mattarelli per ottenere il risarcimento dei danni per quelle trasfusioni non controllate. Il paziente sembrava aver vinto la malattia dopo  una terapia a base di interferone e ribavirina che avevano praticamente azzerato il  virus,  ma  dopo qualche mese la malattia stessa si è ripresentata con una maggiore aggressività rispetto a quella documentata nella perizia del medico legale nominato dal tribunale che ha riconosciuto il nesso causale tra trasfusioni  e il contagio. 

«Il risarcimento è riferito al danno causato dalla  malattia - spiega Mattarelli - gli eredi sono pronti a intentare una nuova causa per il decesso e la depressione reattiva conseguente prima all'illusione della guarigione e poi alla consapevolezza di non avere più scampo come descritto dal perito del tribunale».
 

Nella sentenza si legge anche che  «Il rischio trasfusionale nel 1972 era piuttosto elevato sia per la mancanza di test che consentissero l’identificazione dei virus epatotropi .sia e soprattutto perché la selezione dei potenziali donatori non era sufficientemente accurata con esclusione dei soggetti che presentassero fattori di rischio e inoltre non erano stringenti i controlli sul sangue ed emoderivati di provenienza estera dove era ancora diffusa la pratica dei donatori mercenari». Sono centinaia di migliaia i pazienti infettati tra gli anni '70 e '90, uno scandalo che ha visto condannare il nostro Paese dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo per la lungaggine dei processi e il ritardo nei risarcimenti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero