«Non piangere», la foto che commuove i social scattata al reparto Covid di Formia

«Non piangere», la foto che commuove i social scattata al reparto Covid di Formia
«Medici e infermieri in guerra contro il Covid ma di una squisitezza infinita verso chi soffre di questo virus che ti straccia l'anima. Sembrano aver fatto il voto della...

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«Medici e infermieri in guerra contro il Covid ma di una squisitezza infinita verso chi soffre di questo virus che ti straccia l'anima. Sembrano aver fatto il voto della gentilezza». La testimonianza di Marco Di Perna, 50enne di Minturno, direttore di Cisalfa Sport, ieri ha fatto il giro del web con un commovente post dedicato agli angeli del reparto Covid del Dono Svizzero, dove è stato ricoverato fino a ieri e dove - dice - gli hanno salvato la vita con l'ossigeno e il farmaco antivirale Remdesivir. «Non credevo che in una realtà così piccola potessi ricevere una qualità tanto elevata di cure».

Marco durante 7 giorni di ricovero ha fatto un'esperienza che mai avrebbe immaginato e la lezione sta tutta in una foto scattata con il cellulare tenuto a fatica con la mano sinistra, sdraiato sul letto attaccato all'ossigeno, in guerra contro il Covid. Accanto a lui Giuseppe, con il casco, protagonista della foto insieme all'infermiera Silvia.

«Silvia, indaffaratissima, corre su e giù nell'ospedale scrive nel post su Facebook - Da una stanza sente un pianto, si ferma ed entra. Giuseppe piange nel suo casco. Silvia, nonostante la fretta, non può essere indifferente. Si siede affianco a Giuseppe e gli prende la mano. Il tempo sembra essersi fermato. Non sembra, ma lei è un Angelo. È un angelo che potrebbe chiamarsi Carlo, Giovanna, Ester, la dottoressa Vaudo, Caterina, Francesco, Salvatore, Deborah, Rita... Non ricordo il nome di tutti, ma alla fine non serve, sono tutti uguali. Di loro vedi solo gli occhi, occhi gentili nonostante le paure».

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Marco è tornato a casa ieri, il peggio è passato ma il Covid ancora non è andato via, lo condivide ancora con tre figli: «E' stato un regalo di Natale commenta - è bastata la visita di una zia per portare il dono ai miei figli per trovarci in questa situazione. Perché il virus ti colpisce negli affetti e ti straccia l'anima. Lo hanno anche mia suocera, i miei cognati e i miei nipoti».

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Il Messaggero