Morto a 21 anni per una aritmia, medici a processo

Morto a 21 anni per una aritmia, medici a processo
È iniziato il processo al tribunale di Cassino che vede imputati un cardiologo di 63 anni e un medico dello sport di 67 anni per la morte del 21enne pugile di Formia Mario...

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È iniziato il processo al tribunale di Cassino che vede imputati un cardiologo di 63 anni e un medico dello sport di 67 anni per la morte del 21enne pugile di Formia Mario Valerio, avvenuta il 17 agosto 2019 in seguito ad un'aritmia ipercinetica ventricolare insorta «in un soggetto affetto da fibrosi cardia diffusa». A costituirsi parte civile, attraverso gli avvocati Luca Scipione e Giuseppe Masiello, sono stati il padre Giuseppe, la madre Nunzia e il fratello Luca. Il dibattimento ha preso il via dopo il rinvio a giudizio dei due imputati lo scorso maggio ed è entrato subito nel vivo con l'ammissione delle prove. Secondo la ricostruzione del sostituto procuratore Alfredo Mattei il cardiologo, difeso dall'avvocato Gaetano Andreozzi, sottopose il pugile formiano il 29 novembre 2017 a un elettrocardiogramma da sforzo mentre il medico dello sport, assistito dall'avvocato Pasquale Di Gabriele, rilasciò all'atleta il certificato di idoneità all'attività sportiva il 5 dicembre 2017 «non interpretando in maniera corretta il tracciato elettrocardiografo eseguito».

I due medici, insomma, di fronte ad alcune anomalie - come le presunte «marcate alterazioni della ripolarizzazione ventricolare» - non avrebbero disposto ulteriori accertamenti, in particolare una risonanza magnetica cardiaca che, secondo la Procura, «avrebbe permesso di rilevare una fibrosi cardiaca diffusa ed una malignità dell'aritmia ventricolare». Il Pm Mattei è arrivato a chiedere il processo per i due medici perché gli esami cui si sottopose il boxeur formiano erano vecchi di due anni (29 novembre 2017) rispetto all'idoneità sportiva (20 gennaio 2019) ottenuta. A questo si aggiunge l'ulteriore presunta responsabilità del medico sportivo, accusato di aver predisposto un falso tracciato dell'esame elettrocardiografico in apparenza praticato alla vittima, ma in realtà «eseguito su un altro paziente, mai identificato». Vi avrebbe apposto la data del 19 gennaio 2019 e, attribuendolo a Mario Valerio, con l'intento di «far risultare l'effettuazione dell'accertamento, in realtà non eseguito, quale presupposto del rilascio del certificato». Il processo è stato rinviato al 28 dicembre.

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Il Messaggero