Quella volta che Maradona giocò a Latina e segnò 5 gol

Quella volta che Maradona giocò a Latina e segnò 5 gol
Era il primo novembre nel 1984 quando Diego Armando Maradona, leggenda del calcio mondiale che ieri ci ha lasciato, calpestò con i suoi scarpini il campo del Francioni per...

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Era il primo novembre nel 1984 quando Diego Armando Maradona, leggenda del calcio mondiale che ieri ci ha lasciato, calpestò con i suoi scarpini il campo del Francioni per una curiosa amichevole: il primo tempo contro il Cisterna, il secondo contro il Latina. Lo stadio era pieno in ogni ordine di posto, tutti erano accorsi per vedere dal vivo il Pibe de oro. Diego non deluse. Illuminò con le sue giocate lo stadio comunale: finte, dribbling e cinque gol, era in una forma smagliante, nonostante in quel momento il Napoli “balbettasse parecchio in campionato”, come scriveva all'epoca Francesco Amodio sul Messaggero.

 
Il capitano del Latina era Giampiero Morgagni che ricorda con emozione quella giornata, ancora oggi impressa in una foto scelta dall’ex capitano come profilo sulla sua pagina Facebook. «Ho avuto la fortuna di giocare contro di lui in quell’amichevole del 1984, ormai 36 anni fa. Un personaggio che non ha bisogno di descrizioni, ho avuto la fortuna di affrontare un giocatore dalle doti immense, il più forte di tutti i tempi, abbinava la tecnica alla forza fisica».

«Fu un’esperienza unica. Quando segnò il gol contro di noimi fece passare la palla in mezzo alle gambe e fece gol. Ha trovato lo spiraglio giusto. Sicuramente per lui è stato facile trovare quello spiraglio. C’è anche la foto in cui hanno immortalato quel tiro con Maradona che calcia e io che chiudo, la palla passò in mezzo alle mie gambe finendo all’angolino della porta, alla sinistra del portiere». Anche Latina piange il campione. «Sicuramente è stato il giocatore migliore al mondo di tutti i tempi, abbinando tecnica e forza fisica, pur allenandosi in maniera un po’ altalenante. Quanto alla vita ognuno la gestisce a modo proprio». 


«Quella giornata resta nel mio cuore - racconta anche Ilario Mancini, il mister nato a Latina ma che ha vissuto la propria infanzia a Buenos Aires all’ombra della Bombonera, il tempio del Boca Juniors - Ricordo che lo aspettai vicino alla bandierina del calcio d’angolo a fine gara per poterlo abbracciare. La polizia voleva farmi allontanare, ma come Maradona sentì il mio saluto in spagnolo mi prese con sé. ‘Es un hermano’ esclamò, vide il mio gagliardetto del Boca e mi disse di attenderlo fuori gli spogliatoi per scambiare due parole e fare una foto insieme. Aspettai 30 minuti, credevo non sarebbe più tornato e invece ad un certo punto fece aprire la porta e mi invitò dove oggi c’è la segreteria del Latina Calcio. Un’emozione enorme, avevo di fronte non solo il più grande calciatore di tutti i tempi, ma soprattutto un ragazzo che non ha mai dimenticato il suo Paese e i suoi fratelli argentini».


C’era anche l'allora tecnico del Latina Giancarlo Sibilia: «Durante il riscaldamento prese in braccio mio figlio Fabrizio che aveva 4 anni e iniziò a palleggiare con una arancia. Vi assicuro che fu uno spettacolo unico. Poi mi guardò e disse: “Devi essere forte come allenatore, perché sei alto come me”. Genio, simpatia e classe, Maradona per noi che amiamo questo sport è stato e sarà per sempre il calcio».

 

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Il Messaggero