Morì al pronto soccorso di Latina, medico a giudizio

Una professoressa in pensione aspettò oltre sei ore, poi le complicazioni

Morì al pronto soccorso di Latina, medico a giudizio
Oltre sei ore di attesa in pronto soccorso con codice giallo, poi il peggioramento e una manovra errata nel posizionamento del drenaggio toracico. Un errore costato la vita a una...

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Oltre sei ore di attesa in pronto soccorso con codice giallo, poi il peggioramento e una manovra errata nel posizionamento del drenaggio toracico. Un errore costato la vita a una donna di 73 anni, Carla Maccarinelli, insegnante in pensione di Latina, deceduta il 16 novembre 2019 all'ospedale Goretti di Latina in circostanze da chiarire. Sotto accusa un medico di 66 anni, ora in pensione, Erminio Saralli, che all'epoca dei fatti prestava servizio nell'ospedale del capoluogo.

Ieri, al termine dell'udienza preliminare, il giudice Giuseppe Cario ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero Martina Taglione disponendo il processo a carico del medico e fissando la prima udienza per l'11 settembre 2024 davanti al giudice Clara Trapuzzano con l'accusa di omicidio colposo. L'uomo è assistito dall'avvocato Francesco Vasaturo, nel processo si sono costituiti come parti civili i due figli dell'insegnante deceduta.

LA RICOSTRUZIONE
L'inchiesta, originariamente, coinvolse sei persone in tutto. Oltre al medico rinviato a giudizio, c'erano altri cinque sanitari poi usciti dall'indagine. Si tratta di un medico dell'Istituto Regina Elena di Roma dove la donna fu sottoposta a un intervento di chirurgia toracica circa due settimane prima del decesso. Altri quattro medici, anche loro successivamente scagionati, erano di turno al pronto soccorso dell'ospedale Goretti quando arrivò la paziente, alle 15,32 del 16 novembre 2019. Alla donna fu assegnato il codice giallo che indica un livello di condizioni "mediamente critiche".

L'attesa, come spesso accade al pronto soccorso di Latina, fu molto lunga. Alle 17,57 il codice giallo fu confermato, ma le condizioni della donna stavano peggiorando. Sempre secondo la ricostruzione dell'accusa, una delle dottoresse in servizio, dopo la visita, chiese una consulenza chirurgica e una Tac del torace, avendo rilevato una ferita con fuoriuscita di sangue.

Saralli, a quel punto, intervenne in qualità di consulente chirurgico decidendo di soprassedere alla Tac richiesta e di procedere direttamente al posizionamento di un drenaggio toracico.
Secondo l'accusa questo intervento fu eseguito «senza tenere in debita considerazione le conseguenze del precedente intervento, né lo stato di insufficienza respiratoria e comunque in modo inosservante di quanto previsto dalle linee guida che richiedono che l'intervento sia eseguito da un chirurgo cardiotoracico o almeno dopo averne consultato uno». Sarebbe stata inoltre necessaria una radiografia del torace «in modo da indirizzare il chirurgo nella procedura invasiva» come si legge nel capo d'imputazione.


Purtroppo la manovra effettuata fu errata nel posizionamento del drenaggio toracico, il che provocò una lesione fatale al cuore. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero