È il nome che non ti aspetti di vedere in un'indagine di polizia, e il volto che non ti aspetti di veder uscire dagli uffici della Questura tra due poliziotti quello di...
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I due si sono rivolti a lui - dicono al giudice - «per una fattura al volo» che l'imprenditore avrebbe compilato senza battere ciglio. Una fattura intestata a una società riconducibile a Luciano Iannotta, il quale ha poi fatto un bonifico di 3.100 su un conto corrente intestato a Cifra, il quale è andato poi in banca a prelevare 2.400 euro, 700 sono per il disturbo e per l'Iva, questo raccontano Pugliese e Riccardo, questo viene confermato dalle carte: fattura, bonifico e prelievo. Il pagamento - scrive la Procura nell'ordinanza - ha perfezionato la consumazione di un'estorsione aggravata dal metodo mafioso in danno di un imprenditore locale, delitto consumato proprio su mandato di Luciano Iannotta e mai denunciato.
In sostanza Pugliese e Riccardo fanno l'estorsione, Cifra la finta fattura che Iannotta paga con bonifico, il titolare del bar preleva e gira il contante ai due autori del reato, rendendosi complice del reato stesso. Cifra forse temeva ritorsioni, aveva paura? I giudici rispondono così a questo interrogativo: sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento reale posto che egli ha fornito un aiuto concreto a Riccardo e Pugliese, inoltre viene esclusa la soggezione di Cifra nei loro confronti in quanto ha percepito (o meglio si è trattenuto) un compenso per l'opera prestata, dimostrando pertanto di non provare alcun timore nei confronti dei due.
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Il Messaggero