Aids, a Latina solo 15 casi nel 2020 ma test dimezzati per il Covid

Miriam Lichtner
Negli ultimi 15 anni sono state 366 le diagnosi di Hiv registrate all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina, 29 delle quali nel 2019, 15 invece nel corso del 2020. Dati e...

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Negli ultimi 15 anni sono state 366 le diagnosi di Hiv registrate all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina, 29 delle quali nel 2019, 15 invece nel corso del 2020. Dati e numeri sono stati forniti in occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l'Aids che si celebra il primo dicembre. Non esiste solo il covid, eppure la pandemia ha finito per incidere anche sull'attività di controllo e di testing dell'Hiv, riducendo del 49% il numero dei test effettuati nel corso dell'anno che sono stati solo 328 a fronte dei 675 dell'anno precedente.

L'epidemia di Hiv però non accenna ad arrestarsi, continua anzi a serpeggiare in modo più silenzioso e meno evidente tra la popolazione, con centinaia di soggetti sieropositivi seguiti e trattati dall'ospedale e decine di nuove infezioni scoperte ogni anno nel capoluogo. L'aspetto grave è però legato al fatto che il 47% delle nuove diagnosi arrivano quando l'infezione è ormai in una fase avanzata. «Noi come centro - spiega la dottoressa Miriam Lichtner, responsabile della Uoc di Malattie Infettive del Goretti, in prima linea anche per l'emergenza covid - siamo rimasti sempre aperti, ma la gente ha paura di venire in ospedale. Molte diagnosi sono quindi tardive e ci accorgiamo che l'infezione esiste già da molto tempo ed è progredita. In questi casi la terapia ha più difficoltà ad essere efficace. In sostanza si arriva a fare il test perché si hanno sintomi e non perché ci si controlla. L'aspetto bello è però che il 99% delle persone seguite dal Goretti è in trattamento antiretrovirale e ha carica negativa».

In base ai dati, i nuovi pazienti sono prevalentemente uomini: per l'80% l'infezione nel 2020 ha riguardato l'universo maschile, nel 2019 invece il 59%. L'analisi interessante proveniente dall'età: si tratta per la maggior parte di giovani e di giovani adulti. L'età media delle più recenti infezioni è di 46 anni, con una fascia più a rischio che è compresa tra i 40 e i 49 anni, subito seguita da quella tra i 30 e i 39. Con l'avanzare dell'età si abbassa la percentuale dei contagi mentre i numeri sono consistenti anche tra i 20 e i 29 anni. Nel corso degli anni anche la distribuzione di casi per modalità di trasmissione ha subito notevoli cambiamenti e oggi, mentre la quota di tossicodipendenti è pari al 6%, il virus si trasmette nel 94% dei casi per via sessuale, di cui il 44% per rapporti eterosessuali. «La prevenzione non si deve bloccare spiega ancora Miriam Lichtner Le azioni da fare sono molteplici: è importante fare il test, ma anche usare precauzioni e utilizzare la terapia come profilassi per soggetti a rischio. Tutte queste cose abbassano i contagi. Occorre però non ridurre le strutture preposte alla prevenzione che con l'emergenza sanitaria legata al covid hanno già subito un crollo importante. Per questo il primo dicembre abbiamo pensato che dovevamo affrontare il tema dell'Hiv insieme al covid».


Laura Pesino
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero