La pizzeria "Testa o Croce" festeggia 23 anni: dalla ruota della fortuna al Covid, la storia dei fratelli Bordignon

Pizzeria Testa o Croce, foto del 1998
La pizzeria Testa o Croce di Latina festeggia 23 anni di attività. Un traguardo insolito da celebrare, ma non per i titolari da sempre legati alla fortuna. «Quando...

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La pizzeria Testa o Croce di Latina festeggia 23 anni di attività. Un traguardo insolito da celebrare, ma non per i titolari da sempre legati alla fortuna. «Quando abbiamo iniziato, 23 anni fa, nel nostro locale era presente una vera e propria ruota della fortuna. I clienti potevano girarla e vincere dal caffè alla cena. Ci sembrava una buona idea, ma poi abbiamo avuto problemi con la Guardia di Finanza perché secondo loro era un gioco d'azzardo e richiedevano un notaio che doveva essere presente ogni sera per il premio. Così abbiamo smesso». Ai titolari, però, è sempre rimasto un legame con la fortuna, tant'è che considerano il 23 un numero fortunato nella Smorfia ed hanno voluto festeggiarlo.

«Dal 28 gennaio del 1998 ad oggi siamo stati sempre io e mio fratello Alessandro – racconta Giampietro Bordignon - Abbiamo continuato sempre nella stessa sede di piazza Orazio, ampliando il locale da 2 vetrine a 6 con una naturale evouzione dei vari collaboratori e delle persone in sala e in pizzeria. Certo, è un anno e mezzo che il lavoro è cambiato». Sebbene non sia possibile organizzare feste, la pizzeria ha pensato di permettere ai clienti di riavere indietro l'importo di quanto speso nello scontrino datato 28 gennaio in un buono spesa da utilizzare per la cena successiva. Un'idea simpatica, che certo non toglie l'amarezza di quello che il Covid ha tolto al mondo della ristorazione.

«La pandemia – continua il titolare - ha cambiato molto il nostro lavoro. Ci ha tolto quello che prima era un piacere, l'emozione di mangiare la pizza e stringere un rapporto di amicizia con il cliente. Oggi vengono a prendere questa pizza nel cartone e la portano a casa, magari da dietro a un vetro. Non c'è più la gioia di arrivare col vestito nuovo, truccati, con il marito, la mamma, la figlia, dopo la partita di calcio o all'uscita dall'ufficio. Quello che fa male di più è non riuscire più a vivere quello che per 23 anni è stato la base di tutto».

Per Bordignon i clienti sono variati più volte nel corso del tempo, fino ad oggi che per forza di cose non possono più trasmettere quell'energia che permetteva di superare ogni giorno una nuova sfida. «La clientela era già diventata più esigente, perché oltre alla pizza voleva un ambiente e una situazione. E lo ritengo giusto, tant'è che mi chiamavano Giampiero Testa o Croce e non Giampietro Bordignon, come se avessi cambiato cognome. E questo mi piaceva. Il secondo cambiamento, invece, c'è stato col Covid. Se prima andare in pizzeria era un momento desiderato e avevo anche chi veniva due volte a settimana per amicizia, oggi è il contrario. Pur di uscire di casa si va a prendere una pizza. Ci ha allontanato dai clienti e questo è quello che soffriamo di più e che supera a livello di importanza anche la perdita degli incassi».

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Il Messaggero