I fratelli Marzano dopo la sentenza: «Nessuno ci restituirà i nostri genitori». Dopo 25 anni alle Querce ancora tante criticità

Antonio Marzano e Bernardina D'Urso
FONDI - «Nessuna sentenza può ridarci indietro i nostri affetti più cari e ieri siamo stati ripagati soltanto in parte delle tantissime difficoltà che...

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FONDI - «Nessuna sentenza può ridarci indietro i nostri affetti più cari e ieri siamo stati ripagati soltanto in parte delle tantissime difficoltà che siamo stati costretti a subire». All’indomani della sentenza della Corte di Appello di Roma, che ha condannato la Provincia di Latina e l’ente monastico a pagare un risarcimento di oltre due milioni di euro, a parlare sono Teresa e Ferdinando Marzano, figli dei coniugi travolgi e uccisi da un’ondata di fango e detriti alle Querce nel lontano 1991.


«La tenacia che abbiamo avuto nel  corso di tutto questo tempo, lottando contro la lentezza della giustizia, i continui rinvii, le prescrizioni e le avversità più disparate, alla fine ci ha premiato. Non è stato certo facile svegliarsi una mattina, a 20 anni, e cominciare a fare i conti con una quotidianità che, da quel momento in poi, si sarebbe basata solo su rinunce e difficoltà. Non possiamo che ringraziare il nostro avvocato Enzo Biasillo che come noi ci ha creduto fino alla fine, supportandoci per 25 lunghi anni. Nonostante tutto – hanno concluso i fratelli Marzano – nessuno muore nel cuore di chi ama e noi continueremo per sempre ad amare i nostri genitori».

Ed è stato grazie a questa incrollabile determinazione se anche il marito e le figlie della signora Teresa Leggi, deceduta nell’esondazione assieme ai coniugi Marzano, hanno visto finalmente trionfare la giustizia. Le difficoltà e gli ostacoli incontrati per arrivare a sentenza, tuttavia, sono stati pazzeschi: dalla volontà di dimostrare nel corso del processo una presunta condotta imprudente e negligente di Antonio Marzano, al volante della sua Wolkswagen Jetta nonostante il temporale e la tromba d’aria, ad una prima perizia elaborata dall’allora comandante dei vigili del fuoco, poi rivelatasi errata, secondo la quale l’acquazzone in questione era stato del tutto straordinario e imprevedibile.


A distanza di 25 anni la situazione è cambiata ma, purtroppo, non tanto quanto il concetto di prevenzione richiederebbe. Importanti lavori di riqualificazione hanno infatti interessato il piazzale della chiesa di Sant’Antonio, il ponte e le strade limitrofe ma, salendo più su, c’è ancora il caso di via Ripa e via Purpurale, il cui cantiere fermo da anni minaccia un imminente smottamento ai danni di veicoli e pedoni. Il tutto mentre l’azione indiscriminata dei piromani non accenna ad arrestarsi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero