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Aspettava l'esito del ricorso in Cassazione, convinta di tornare in possesso dei cuccioli di cane che gli erano stati sequestrati. Adesso questa carica dei 109 cuccioli in chiave pontina sta diventando un giallo. Infatti, la donna che è indagata dalla Procura della Repubblica di Latina per associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio, ha scoperto che malgrado il ricorso alla Suprema Corte buona parte di quei cani sono stati già venduti con tre diversi decreti di alienazione firmati dalla gip Giorgia Castriota, il magistrato che nei giorni scorsi è finita sotto i riflettori della cronaca dopo essere stata arrestata dai colleghi di Perugia e indagata per corruzione in atti giudiziari.
La storia dei cani non c'entra nulla con l'inchiesta perugina ma merita di essere raccontata e approfondita perché a detta dei protagonisti ci sono aspetti ancora non chiari. La giudice infatti ha deciso di vendere tra gennaio e marzo quei cuccioli di razza considerandoli "beni deperibili".
Ora la storia si va complicando. Prima è emerso che la seconda delle due vendite all'incanto sarebbe avvenuta in uno dei capannoni sequestrati a Fabrizio Coscione ad Aprilia, nell'ambito dell'inchiesta che ha portato l'imprenditore ai domiciliari e che poi è finita al centro delle indagini della Procura della Repubblica di Perugia sfociata nell'arresto proprio della gip Castriota.
NUOVI PARTICOLARI
Emergono però novità sconcertanti.
Nel frattempo il suo avvocato ha presentato un ricorso al Riesame contro il sequestro, ma i giudici lo hanno confermato. A quel punto è scattato il ricorso in Cassazione. L'udienza è fissata per il 5 giugno, quando i giudici dovranno decidere sulla legittimità del sequestro. Solo che adesso la donna e il suo legale hanno appreso della vendita già avvenuta e meditano di presentare una istanza in Procura e una all'ufficio gip per avere contezza di questa vicenda.
L'indagata e il suo avvocato non hanno dunque saputo né le date in cui si sarebbe proceduto alla vendita all'incanto, né tantomeno le modalità.
TANTO DA CAPIRE
Sono tante le cose ancora da accertare. Intanto quanti cani sono stati venuti di quei 109 cuccioli e dove sono finiti quelli non venduti visto che non sono stati riconsegnati all'indagata che è a tutt'oggi ancora formalmente custode del bene sequestrato. Sono forse ancora nel capannone sequestrato a Coscione dove si sarebbe proceduto alla seconda tranche della vendita? Nessuno sembra saperlo.
Poi c'è la questione dei soldi. Risulta che sia stato aperto un conto presso poste italiane intestato al Tribunale di Latina dove sarebbero confluiti quei soldi. Ma nessuno sembra sapere né quanti soldi sono sul conto, né se il conto esista davvero. Poi c'è il prezzo fissato. Risulta che siano stati venduti a cento euro l'uno perché pur essendo tutti cani di razza, soprattutto Cavalier King e Buldog Francesi, erano sprovvisti di pedigree. Ma la donna sostiene che non è vero e che i cani sequestrati avevano tutti la corretta documentazione, i certificati e i pedigree. Anche questo sarà un aspetto da chiarire. In attesa che la Cassazione decida sul ricorso contro il sequestro e soprattutto sulla richiesta di restituzione del bene. Nel frattempo il gip di Perugia non ha ancora sciolto la riserva sulla richiesta di concessione dei domiciliari avanzata dai difensori della Castriota.
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