Un cittadino 60enne di Gaeta si è visto riconoscere dalla Corte di Appello un risarcimento di 230mila euro dal ministero della Salute, superiore a quello inizialmente...
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Il Ministero appellò la sentenza affermando che il diritto al risarcimento si era prescritto e che al tempo non esistevano i test per rilevare nei donatori il virus dell’epatite C. Il cittadino gaetano, assistito dall’avvocato Renato Mattarelli, ha però evidenziato, nel giudizio di appello,«la responsabilità del ministero già a metà degli anni ’60, quando era possibile escludere il contagio attraverso test obbligatori nel 1966 che, seppur indirettamente, avrebbero evitato il contagio se eseguiti».
Va ricordato che l'Istituto superiore di sanità e il Centro nazionale sangue sottolineano come ormai da oltre un decennio non si registrano infezioni post trasfusionali in Italia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero