Questa è una storia di quelle che dimostrano quanto la caparbietà, la tenacia e la speranza siano fondamentali per affrontare le difficoltà della vita....
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Stella, morta in un incidente: i compagni sostengono la maturità al posto suo
«Siamo entrati alle 16 del pomeriggio e alle 21.30 la terribile diagnosi: medulloblastoma al 4 livello, un cancro di cui si contano forse due casi, negli ultimi trent’anni, in tutto il mondo su bambini con sindrome di Down. Ci sono stati dei consulti con gli Stati Uniti e c’è stato detto che si trattava di una neuroplasia inguaribile. Ovviamente ci è crollato il mondo addosso. Ma poi, a fine dicembre, si è accesa una speranza e ci è stato comunicato che c’erano delle cure che Giacomo avrebbe potuto affrontare sebbene nella sua condizione di fragilità. Il 23 dicembre ha subito un’operazione di 10 ore al “Bambino Gesù” per la rimozione della massa tumorale che è andata bene». Purtroppo però a causa del drenaggio del liquor al cervello il bambino è costretto in sedia a rotelle e ha perso l’uso della parola. Eppure è un tipo “tosto” e le sue analisi confermano che può affrontare le radioterapie e le chemioterapie.
LA SPERANZA
La storia di Giacomo però si intreccia a doppio filo con quella di sua madre Giulia, insegnante presso la scuola “Giuliano” di Latina, laureata in psicologia clinica e di comunità, iscritta a un corso di specializzazione presso la Lumsa per l’abilitazione all’insegnamento ai bambini con difficoltà, della durata di un anno con frequenza obbligatoria. «Giacomo è un bambino fortemente voluto, arrivato dopo tre aborti – racconta la mamma – Sapevamo della sua sindrome e lo abbiamo accolto con ancora più amore. Quando abbiamo avuto la diagnosi ero presa da altri pensieri ovviamente e non avevo la testa per studiare. Non sapevo nemmeno se mio figlio sarebbe sopravvissuto. Avevo deciso di mollare il corso ma mio marito mi ha convinta ad andare avanti e mi ha sostituito al capezzale di Giacomo durante le ore di lezione. Mi sono divisa tra l’ospedale e le aule dell’Università. Sono riuscita a superare gli ultimi sei esami che mancavano».
LA TESI
Il 20 febbraio il bambino è stato dimesso e assieme alla madre e al padre è entrato nella casa di accoglienza Peter Pan di Roma che accoglie i nuclei famigliari di piccoli degenti che devono affrontare lunghe cure ospedaliere. La famiglia si è ricomposta finalmente con l’arrivo da Latina anche del fratellino Pietro di 8 anni che era stato con la nonna per tre mesi. Poi è scattato il lockdown e i quattro hanno dovuto affrontare la quarantena nella grande casa di Peter Pan. È in quel periodo che Giulia, la notte, dopo aver accudito Giacomo e Pietro, si mette sui libri e con l’aiuto del marito, scrive la tesi. «Io seduta sul letto a castello e lui su una sedia, con un pc sulle gambe, abbiamo ultimato il lavoro e spedito tutto entro la scadenza del 26 febbraio. Il 20 aprile ho discusso la tesi su “Strategie comunicative nei bambini con sindrome di Down nella fascia 0-6 anni”, in webcam, in una stanza della casa famiglia. Lo stesso giorno in cui Giacomo doveva affrontare la risonanza celebrale e midollare».
Tra luglio e agosto Giacomo terminerà il terzo ciclo di chemio e poi inizierà la riabilitazione. A fianco a lui, ancora una volta, ci sarà la sua meravigliosa e coraggiosissima famiglia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero