Donna morta al Dono Svizzero, medico condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 60 mila euro

Donna morta al Dono Svizzero, medico condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 60 mila euro
La condotta “negligente” di 18 anni fa gli è costata una condanna della Corte dei Conti a pagare 60 mila euro. Cesare Briglia dovrà versarli...

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La condotta “negligente” di 18 anni fa gli è costata una condanna della Corte dei Conti a pagare 60 mila euro. Cesare Briglia dovrà versarli all’erario a parziale copertura dei 332 mila euro che la Asl di Latina ha dovuto riconoscere alla famiglia di una donna morta il 5 maggio 2002 all’ospedale Dono Svizzero di Formia. La paziente si presentò al pronto soccorso il 29 aprile con vomito e di forti dolori addominali, ma durante la sua degenza i medici avrebbero prescritto esami non idonei a determinare l’esatta diagnosi. Il 4 maggio, visto il “vomito biliare persistente e dolenzia addominale diffusa”, il medico avrebbe somministrato alla donna solamente una «terapia farmacologica senza richiedere alcun esame strumentale». Il giorno dopo, con il quadro clinico in peggioramento, il primario richiese una visita chirurgica ma la stessa notte la paziente morì. I periti hanno evidenziato che, “a fronte di una sintomatologia perdurante, nonostante la terapia posta in essere, la condotta diagnostica dei medici che ebbero in cura la donna appare estremamente deficitaria”.


Per questo nel 2009 la Asl di Latina fu condannata a pagare 332 mila euro alla famiglia della donna deceduta, tuttavia a quel punto la direzione sanitaria ha fatto rivalsa alla Corte dei Conti sui medici in servizio quel giorno, appunto il primario e il dottor Briglia. Ma mentre il primario la sera del 5 maggio 2002 avrebbe «riconosciuto la gravità del quadro per cui ha richiesto subito la consulenza chirurgica», la stessa cosa non si può dire di Briglia: «Se non avesse avuto una condotta negligente, la paziente si sarebbe potuta salvare», fanno notare i giudici contabili, che hanno condannato il medico a pagare 60mila euro per il danno erariale provocato dalla sua condotta. Una misura “ridotta rispetto all’ammontare complessivo del danno accertato, in considerazione del fattivo concorso di altri sanitari nella causazione del decesso della paziente, e quindi nella produzione del danno per cui è causa”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero