Latina, don Boschin, sopralluogo del nipote al Montello per far riaprire il caso

Latina, don Boschin, sopralluogo del nipote al Montello per far riaprire il caso
LATINA - Sono passati ventuno anni da quell'omicidio rimasto senza alcun colpevole. Ora qualcuno ha deciso di mettersi a cercare nuovi elementi per far riaprire...

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LATINA - Sono passati ventuno anni da quell'omicidio rimasto senza alcun colpevole. Ora qualcuno ha deciso di mettersi a cercare nuovi elementi per far riaprire l'indagine sulla morte di don Cesare Boschin, il parroco di Borgo Montello ucciso all'interno della sua canonica il 30 marzo 1995. Ieri infatti l'avvocato Stefano Maccioni accompagnato dal nipote del sacerdote, Luciano Boschin, ha effettuato un sopralluogo a Borgo Montello, prima fase di un lavoro investigativo che dovrebbe portare a chiedere la riapertura dell'indagine.

Del gruppo faceva parte anche Lorenzo Zanon, sindaco di Trebaseleghe, paese in provincia di Padova del quale era originario il parroco: il primo cittadino sostiene infatti questo percorso per arrivare alla verità su quanto accaduto il 30 marzo 1995 quando il corpo di don Cesare, 81 anni, venne ritrovato in canonica, sul letto, con del nastro adesivo stretto attorno al collo, una ferita sullo zigomo, le mani legate e un asciugamano sui piedi. Le indagini alla fine si sono chiuse senza un colpevole e con una tesi, quella dell'azione di alcuni balordi che volevano derubare don Boschin, che in molti a Borgo Montello non hanno mai condiviso. Il Comitato del borgo e l'associazione Libera con don Ciotti in prima fila in tutti questi anni non hanno mai smesso di rilanciare l'ipotesi che l'omicidio fosse il drammatico epilogo della battaglia portata avanti dal parroco contro la discarica e il possibile traffico di rifiuti tossici in quell'area del territorio pontino. Don Cesare era infatti diventato il promotore di una battaglia per la legalità e la trasparenza degli affari legati alla gestione dei rifiuti: camion che transitavano di notte e si fermavano nella discarica, l'idea che trasportassero fusti tossici da interrare avevano indotto il sacerdote a minacciare di denunciare a Roma tutto ciò di cui era venuto a conoscenza. Tesi che troverebbe conferma nel fatto che dalla canonica risultavano essere state portate via due agende ma non il denaro in contanti all'interno del portafoglio. Del pool di investigatori fa parte anche la criminologa Imma Giulia. "Stiamo valutando - spiega l'avvocato Maccioni - una serie di elementi per verificare se è possibile far riaprire l'indagine su questo omicidio: se dovessero esserci nuovi riscontri faremo una richiesta in tal senso alla Procura di Latina». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero