Di Rubbo e Malvaso condannati, le motivazioni del giudice: «Irregolarità macroscopiche nella variante Piave»

Da sinistra Giuseppe Di Rubbo e Vincenzo Malvaso
Il giudice Pierpaolo Bortone ripete l'aggettivo macroscopico più volte nelle 53 pagine di motivazioni relative alla condanna dell'ex assessore Giuseppe Di Rubbo e dell'ex...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Il giudice Pierpaolo Bortone ripete l'aggettivo macroscopico più volte nelle 53 pagine di motivazioni relative alla condanna dell'ex assessore Giuseppe Di Rubbo e dell'ex consigliere comunale Vincenzo Malvaso. Macroscopiche sono le violazioni urbanistiche «che di fatto - scrive il giudice - hanno consentito a Malvaso di realizzare un imponente complesso immobiliare». Il palazzone di borgo Piave è ancora lì, sotto sequestro e in stato di abbandono. Per la seconda volta, dopo la recente ordinanza del sindaco Coletta, i legali di Malvaso hanno chiesto l'autorizzazione al tribunale per effettuare la messa in sicurezza.


Nelle motivazioni della condanna (un anno per Di Rubbo; un anno e otto mesi per Malvaso) il giudice Bortone traccia un quadro completo dell'intera vicenda sottolineando che gli interventi urbanistici contestati «hanno apportato modifiche sostanziali al Prg e al precedente Ppe, stravolgendone l'assetto. La variante approvata nel 2012 ha mutato la destinazione di larga parte delle aree destinate dal Ppe del 1987 a servizi pubblici, prevedendo una utilizzazione non più pubblica di tali aree». In sostanza è stato fatto spazio a palazzi residenziali con negozi, al posto di aree con servizi pubblici. Una speculazione, secondo il giudice, realizzata grazie al sostegno della politica, e soprattutto grazie agli interessi personali che hanno condizionato per anni l'attività amministrativa del Comune.

La decisione di far passare la variante in Giunta, anziché in Consiglio comunale, è stata presa per motivi di convenienza, per rendere più semplice il controllo dell'iter evitando «un contraddittorio molto più ampio e dall'esito più incerto». «Alla luce di quanto espresso - scrive il giudice - si ritiene che sussistano tutte le irregolarità cristallizzate nel capo d'imputazione: il provvedimento della Giunta Comunale risulta illegittimo sotto molteplici profili».

Nessun dubbio del giudice anche in merito all'abuso d'ufficio «attesa la molteplicità e la gravità dei vizi che affliggono l'atto amministrativo emanato». Il giudice Bortone sottolinea anche i rapporti personali tra Di Rubbo e Malvaso, in particolare «la comunanza di interessi che gli imputati avevano nella società di costruzione Isonzo Residence che aveva acquistato un terreno a ridosso di via Isonzo del valore di 650.000 euro».

«Rispettiamo la sentenza del giudice - commenta l'avvocato di Malvaso, Renato Archidiacono - ma siamo pronti a sostenere le nostre ragioni nel ricorso in Appello. Non esiste nessun collegamento con il caso della società Isonzo Residence, nella quale era coinvolta un'altra società con piccole quote riconducibili ai familiari di Malvaso, la cui indagine è stata peraltro archiviata».


Marco Cusumano
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero