Operatori delle postazioni 118 positivi, i colleghi chiedono i tamponi ma devono andare a Roma

Operatori delle postazioni 118 positivi, i colleghi chiedono i tamponi ma devono andare a Roma
 Tre positivi al Covid 19 in una postazione, mentre nelle altre sedi servite dalle ambulanze in convenzione con Ares 118 ce n'è almeno uno. Parliamo di personale...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

 Tre positivi al Covid 19 in una postazione, mentre nelle altre sedi servite dalle ambulanze in convenzione con Ares 118 ce n'è almeno uno. Parliamo di personale del soccorso (autisti, infermieri o barellieri) che lavora per la società appaltatrice. Le richieste degli altri dipendenti di essere sottoposti a screening per verificare se hanno contratto o meno il virus a fronte di queste positività, così come quelle di verifiche periodiche, sono cadute nel vuoto. O quasi. L'azienda ha risposto che è possibile effettuare i tamponi, basta recarsi nella sede di Roma. Il che, comprensibilmente, per chi svolge servizio nell'area nord della provincia può essere anche plausibile, ma se ci si trova nel sud pontino o sulle isole è pressoché impossibile. Così i dipendenti della Heart Life Croce Amica, per la propria sicurezza, sono costretti a fare (e pagare) da soli la prestazione. Arrivare fino alla sede romana, del resto, costerebbe più di carburante e tempo utilizzato che del tampone in farmacia.


Della vicenda sono stati informati i vertici dell'Ares 118 e le organizzazioni sindacali.
L'azienda regionale per l'emergenza sanitaria viene sollecitata, fra l'altro, a controllare che nello svolgimento dell'appalto siano rispettate le regole. Era stato così, in passato, anche per i contratti a chi lavorava sulle ambulanze, con tanto di sollecito alla Regione Lazio, ma la vicenda non aveva sortito grossi effetti.


Adesso si tratta della salute dei lavoratori e della necessità - di fronte a una pandemia - dell'adeguata sorveglianza. Cosa che spetta - avviene negli ospedali pubblici, come nelle cliniche convenzionate e non - al datore di lavoro. Qui l'obbligo è assolto solo formalmente, perché il servizio è sì a disposizione ma solo a decine di chilometri di distanza.
«Il rischio - dicono alcuni lavoratori - è che le postazioni restino scoperte a causa dei troppi positivi. Non solo, se non facciamo tamponi a spese nostre rischiano anche gli utenti e soprattutto i nostri familiari».
Una cosa - quella delle sedi a rischio chiusura - che il sistema dell'emergenza non può permettersi. Ci sono già da fare i conti - come è stato nell'ultimo periodo dell'anno - con il territorio lasciato scoperto in alcune circostanze quando le postazioni gestite direttamente avevano personale in ferie forzate, perché mai smaltite in passato.


Giovanni Del Giaccio
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero