«Le leucemie, purtroppo, non cononosco soste». Giuseppe Cimino è il professore universitario che dirige l'onco-ematologia all'ospedale "Santa Maria...
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Nonostante il coronavirus al "Goretti" nell'ultimo mese ci sono stati cinque autotrapianti di midollo, mentre i pazienti da seguire godono di un percorso dedicato. Lo spiega lo stesso Cimino: «Il nostro è un reparto Covid free all'interno dell'ospedale - dice - il fatto che sia in un padiglione a sé come il Porfiri in qualche modo ci agevola, ma anche i passaggi interni ad esempio per le indagini radiologiche e diagnostiche sono a parte».
Ci sono linee guida e anche pubblicazioni scientifiche legate proprio al Covid su cosa fare con i pazienti oncologici, attività che al "Goretti" erano di fatto già implementate: «Per i ricoveri programmati abbiamo eseguito prima il tampone ai pazienti - spiega il professore - mentre nelle attività di day hospital o trasfusioni facciamo una sorta di triage misurando la temperatura e verificado se ci sono sintomi o contatti con persone positive. In caso di sospetto mandiamo il paziente alla tenda pre triage, esegue il tampone e va a casa, se il risultato è negativo torna il giorno dopo». Ridotte o sospese le attività ambulatoriali e di follow up su chi è stato seguito in reparto e prosegue la cura «ma in questi casi usiamo la tecnologia, con lo scambio di mail, messaggi whatsapp e quando necessario videochiamate».
Ma è l'autotrapianto del midollo, oltre al trattamento delle leucemie acute, quello che era ed è impossibile da fermare: «I pazienti sono sottoposti a terapie pesanti, dovevano esserci per forza le condizioni per continuare» - dice ancora il professore. Al "Goretti" ormai l'uso di cellule staminali per leucemie o tumori del sangue, come il mieloma multiplo o i linfomi recidivanti, è pane quotidiano.
Vedi anche >> ematologia_accreditamento_internazionale_per_il_trapianto_autologo_di_staminali_a_latina-4255735.html
Si usano le "emopoietiche" - cellule cioè non ancora differenziate e in grado di riprodurre tutte quelle del sangue - che «vengono mobilizzate nel sangue periferico - spiega Cimino - sottoposte a leucoaferesi e congelate, poi il paziente è sottoposto a una massiccia dose di chemioterapia, quindi vengono riutilizzate le cellule, altrimenti non ci sarebbe una ripresa del midollo per mesi». Cioè mancherebbe la "produzione" di globuli bianchi, determinanti per le difese immunitarie. «I pazienti che subiscono questo trattamento in 12-15 giorni riprendono la normale attività - è ancora il dirigente a parlare - ma dopo la chemioterapia sono particolarmente esposti alle infezioni, a maggior ragione in un periodo del genere»
Al "Santa Maria Goretti" ormai trapianti simili sono la norma, la degenza è di circa un mese, ma il prossimo passo sarà ancora più avveniristico: «Dovremo implementare l'assistenza domiciliare, ci stavamo lavorando prima che scoppiasse l'emergenza - conclude il professore - lo faremo appena sarà passata» Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero