L'ultimo viaggio di Poldo dopo una vita in canile. «Ha potuto vedere il mare prima di morire»

L'ultimo viaggio di Poldo dopo una vita in canile. «Ha potuto vedere il mare prima di morire»
Poteva morire nel freddo di un ambulatorio veterinario, ma ha esalato l'ultimo respiro in spiaggia, e solo dopo aver ammirato a lungo e per la prima volta il mare. Quello di...

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Poteva morire nel freddo di un ambulatorio veterinario, ma ha esalato l'ultimo respiro in spiaggia, e solo dopo aver ammirato a lungo e per la prima volta il mare. Quello di Fondi, scelto come rassicurante cornice per sottoporre a eutanasia Poldo, un attempato cagnone meticcio che aveva trascorso la maggior parte della vita dietro le rete del canile di Velletri.

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La malattia degenerativa

Nell’attesa di una famiglia mai arrivata gli era stata diagnosticata la spondiloartrosi, malattia degenerativa che lo ha progressivamente immobilizzato e costretto a mille dolori, fino a renderne necessaria la soppressione. Prima, però, ha vissuto una parentesi di luce: gli ultimi tre anni li ha trascorsi in una struttura della città della Piana, Alpha Dog, selezionata per accudirlo nei bisogni sopraggiunti con la patologia. Una sorta di buen retiro durante cui Poldo è stato sostenuto da alcune “madrine” e accudito giornalmente dal dog trainer Giulio Bianchi. Proprio la persona che nella tarda mattinata di mercoledì l'ha accompagnato a conoscere e guardare il mare, coccolandolo con carezze e sussurri fino all’iniezione che l’ha fatto addormentare per sempre, somministrata dal veterinario Giorgio Taccetti sull’arenile in località Capratica. «Un gesto esclusivamente altruista, anche se doloroso», sottolinea Bianchi. «Negli ultimi giorni si era aggravato. Era sfinito, esausto, non ce la faceva più. Nonostante antidolorifici e antinfiammatori lo strazio che stava vivendo non passava. Così, dopo aver chiesto dei pareri medici, si è deciso di mettere fine alle sue sofferenze. Purtroppo, era la soluzione migliore».

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L'amore con l'istruttore cinofilo

Un amore a prima vista, tra l’istruttore cinofilo e Poldo, un legame nato e cresciuto fra terapie e massaggi quotidiani. «Era stato adottato un po’ da tutti, ma avevamo un rapporto speciale e stargli vicino non lo vedevo come un lavoro. Eravamo amici, anche se stargli affianco era comunque molto impegnativo. Pesava quasi cinquanta chili, con la malattia si doveva muoverlo, girarlo, sostenerlo per mangiare e nei bisogni più elementari. Il dolore lo stava devastando, e quando si è capito come sarebbe finita ho deciso di regalargli per la prima volta il mare, non credo l’avesse mai visto. Se n’è andato cullato dal vento e dal rumore delle onde».

Il dog trainer coglie l’occasione dell’addio all’amico a quattro zampe per lanciare un appello: «La maggior parte degli animali dei canili non vengono abbracciati, viziati e coccolati da nessuno, o comunque mai per un tempo sufficientemente appagante. E quasi tutti restano in quelle strutture fino alla fine. Che siano cuccioli o adulti, prendeteli e portateli nelle vostre case. Non serve seguire le mode e andare per forza dietro a cani di razza, le adozioni possono rappresentare un valore aggiunto nella vita di ognuno».

 

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Il Messaggero