Ragazze "spogliate" con l'app, la Garante dell'Infanzia: «Decine di segnalazioni ma non è una ragazzata, serve un'educazione digitale»

Si moltiplicano i casi nelle scuole, gli ultimi sono stati denunciati a Latina

Monica Sansoni
Prima c'era BeReal, poi è arrivato Bikinioff, ma ora vengono usati anche dei semplici siti web per "spogliare" persone a loro insaputa, in maniera talmente...

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Prima c'era BeReal, poi è arrivato Bikinioff, ma ora vengono usati anche dei semplici siti web per "spogliare" persone a loro insaputa, in maniera talmente realistica da poter ingannare chiunque. Da anni la Garante regionale dell'Infanzia, Monica Sansoni, porta avanti una battaglia di sensibilizzazione sul tema.

Gli episodi aumentano, come è possibile intervenire?
«Il problema si può arginare soltanto con una presa di coscienza collettiva che coinvolga ragazzi, genitori ed educatori. La tecnologia cambia rapidamente ma il problema è sempre lo stesso: le persone, specialmente i ragazzi più giovani, non si rendono conto che utilizzando questi strumenti o semplicemente condividendo le fotografie si commettono dei reati molto gravi».

Molti pensano che siano soltanto ragazzate.
«Ormai riceviamo decine di segnalazioni, non si deve parlare di "ragazzate" perché le conseguenze di queste azioni sono gravissime e possono incidere pesantemente sulla crescita dei ragazzi in un momento tra l'altro molto delicato, come quello dell'adolescenza».

Lei organizza anche degli incontri nelle scuole, sono utili?
«Parlo con i ragazzi, insieme alle forze dell'ordine. Il prossimo incontro si svolgerà il 21 marzo alle 16 nell'aula magna della Leonardo da Vinci di Latina, dal titolo "Insieme in rete per orientare le nuove generazioni". Parlare dei rischi del web senza demonizzare i cellulari e i social, è l'unica maniera che abbiamo per educare i ragazzi e sensibilizzare le famiglie che hanno un ruolo fondamentale. Quando vengono segnalati questi episodi io mi attivo personalmente, incontro i ragazzi, sia gli autori che le vittime. Li guardo negli occhi per spiegargli cosa significa il gesto compiuto e quali conseguenze può avere. Spesso cadono dalle nuvole perché semplicemente ignorano le conseguenze di ciò che fanno, pensano che sia un gioco tra compagni, qualcosa che rimane tra le mura della classe o al massimo della scuola. Ma non è così».

Le immagini di qualsiasi tipo, una volta condivise, viaggiano in maniera imprevedibile ed è impossibile bloccarne la diffusione.


«Esatto, è difficile anche solo seguirne il percorso tra social, cloud, smartphone, tablet e computer. I nostri incontri sono utili, ma alla base di tutto deve esserci un dialogo all'interno della famiglia e della scuola, solo così si potrà avviare una reale educazione digitale in grado di formare una consapevolezza che al momento è davvero molto rara». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero