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Basta con gli stop «teorici», per la questione delle Grandi Navi a Venezia «occorre urgentemente una soluzione di lungo periodo», che impedisca totalmente e da subito il loro accesso in Laguna e che le reindirizzi «verso porti più adatti nell'area». Era nell'aria da giorni ma arriva solo ora, a poche settimane dall'avvio della assemblea annuale dell'Unesco prevista dal 16 al 31 luglio, l'intervento a gamba tesa dei tecnici della agenzia delle Nazioni Unite, che di fatto mette l'Italia di fronte a un aut aut. Senza interventi «immediati» e davvero efficaci per risolvere il problema e mettere in salvo la fragile bellezza della Laguna, scrivono nella proposta all'assemblea di inserire la città lagunare nella lista rossa dei siti a rischio, Venezia rischia troppo.
Grandi navi a Venezia, Unesco: «Se non si ferma l'accesso finirà nella lista nera dei luoghi in pericolo»
Le reazioni della politica
Un cartellino d'ammonizione che il ministro della Cultura Franceschini accoglie con fortissima preoccupazione: «Per il nostro Paese sarebbe cosa grave non c'è più tempo per esitare. Abbiamo già fatto un passo importante nell'ultimo decreto legge con la destinazione definitiva dell'approdo delle grandi navi fuori dalla laguna adesso credo vada fatto di più come impedire da subito il passaggio delle grandi navi nel canale della Giudecca». Una frase che sembra dare ragione alle voci secondo cui il governo starebbe lavorando in queste settimane a una nuova norma sul tema, di immediata attuazione, che imporrebbe da subito lo stop al passaggio di tutte le grandi navi nel canale della Giudecca.
Anche a livello locale la preoccupazione è tanta: «È l'ennesimo colpo di sveglia per il governo» commenta l'assessore al turismo di Venezia Simone Venturini, «l'esecutivo deve prendere in mano il dossier e sciogliere i nodi irrisolti». La posta in gioco del resto è altissima. Venezia è nella Lista Unesco dei siti Patrimonio dell'Umanità dal 1987, se a luglio la città venisse precipitata nella lista nera dei luoghi in pericolo, che al momento comprende una cinquantina di siti su un totale di 1.100, l'Italia si esporrebbe a una figuraccia planetaria oltre a dover concordare con l'agenzia delle Nazioni Unite un piano per uscire dall'emergenza con un cronoprogramma stabilito da qui al 2022.
La politica era già intervenuta
Il primo tentativo risale al 2012 con il decreto Clini Passera, che rimase al palo per difficoltà che oggi appaiono molto attuali: in buona sostanza si vietava il transito nel Canale della Giudecca alle navi passeggeri di oltre 40 mila tonnellate. Ma solo in presenza di «valide alternative» che non vennero mai trovate. Nel 2014 ci provò il Comitato interministeriale, ma il Tar annullò il provvedimento. Il governo Draghi è tornato alla carica con un decreto convertito in legge il 12 maggio 2021. Nel testo si prevedeva che l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale, che gestisce anche la laguna di Venezia, avesse tempo fino al 31 maggio (il termine poi è slittato) per avviare un concorso di idee per individuare punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia. Un progetto per il quale il governo ha stanziato 2,2 milioni. E prima ancora, il 25 marzo, i ministri della Transizione ecologica, della Cultura, del Turismo, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, avevano concordato di dirottare in via temporanea il traffico delle grandi navi da Venezia verso Marghera, dove però i due terminal esistenti, specializzati nella gestione del traffico container, non avrebbero le strutture adatte per accogliere i crocieristi, ne servirebbe un altro ancora tutto da costruire. Chissà che l'ultimatum dell'Unesco non convinca ora l'esecutivo Draghi a intervenire con un deciso stop.
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Il Messaggero