Sono state le foto del Vaticano, scaricate da internet e condivise in chat, a convincere gli inquirenti dell'Antiterrorismo di Bari, all'indomani dell'attentato...
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Nell'udienza di convalida del fermo, eseguito d'urgenza due giorni fa «in considerazione - aveva spiegato la Procura di Bari - del pericolo imminente di fuga», il 20enne ha risposto punto per punto alle domande del gip, Maria Teresa Romita, e del pm della Dda che coordina le indagini, Giuseppe Maralfa, spiegando le proprie ragioni. Il giudice si è riservato di decidere se convalidare il fermo e conseguentemente emettere misura cautelare in carcere come chiesto dal magistrato.
A quanto si apprende, il giovane si sarebbe difeso negando l'imminente fuga e respingendo le accuse relative alla
detenzione di materiale sospetto, soprattutto foto e video, trovato intercettando il suo telefono, ammettendo il possesso di quei documenti scollegati, tuttavia, da propositi terroristici. È proprio quel materiale, però, immagini, filmati e file testo, oltre a messaggi scambiati su Facebook, chat e diverse conversazioni, ad aver messo gli investigatori in allarme. In quei documenti, secondo la Dda e la Digos, ci sarebbero i tipici segni della radicalizzazione legata all'ideologia jihadista dell'estremismo islamico. L'attenzione degli inquirenti riguarda anche altre persone su cui le indagini sono tuttora in corso e che potrebbero costituire la rete di contatti sospetti nella quale si muoveva il cittadino somalo. All'indomani dell'attentato di Strasburgo, poi, hanno notato una più intensa attività in rete del 20enne e hanno deciso di intervenire e bloccarlo, temendo gesti emulativi, mentre il giovane aveva già preparato la valigia per andare via da Bari.
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Il Messaggero