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Un business illegale in grado di smuovere cifre da capogiro: in poco più di un anno sono stati sequestrati crediti d’imposta inesistenti per 3,7 miliardi di euro, in relazione ai bonus in materia edilizia ed energetica, ma la voragine scavata nelle casse dello Stato è molto più ampia. Già lo scorso giugno, superava i 6 miliardi di euro. Emerge dai dati delle Fiamme gialle, che ieri sono stati illustrati in commissione Finanze del Senato.
Gli escamotage per ottenere migliaia - a volte addirittura milioni - di euro non dovuti sono stati i più diversi. C’è chi nel modulo inserito sul portale dell’Agenzia delle Entrate ha comunicato crediti d’imposta certificando di aver svolto lavori edilizi per 34 milioni di euro, esattamente nello stesso periodo in cui era detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. E poi c’è chi ha fatturato milioni di euro fingendo di avere ristrutturato la facciata del proprio palazzo, rivendendo poi i crediti fittizi a società compiacenti.
CREDITI RIVENDUTI
È successo a Roma, dove lo scorso ottobre sono stati arrestati in sei. Ad aiutare la banda, un commercialista e un ingegnere, accusati di avere validato ben 94 pratiche di richiesta di concessione dei bonus. La società degli indagati sarebbe riuscita a emettere fatture relative a lavori fantasma per 12 milioni di euro, monetizzando poi la cessione del credito. Ma le indagini della Finanza sono decine, e dagli atti è emerso di tutto. Un dato fa riflettere: nella lista di chi ha percepito crediti a molti zeri, senza averne titolo, ci sono soggetti già condannati per reati gravi, esponenti della criminalità organizzata, ma anche persone indagate per avere ottenuto il reddito di cittadinanza in assenza dei requisiti.
MAXI-INCHIESTA A NAPOLI
Emblematica un’inchiesta della Procura di Napoli: lo scorso giugno i magistrati hanno chiesto e ottenuto il sequestro di crediti - derivanti da bonus edilizi e di locazione - per più di 772 milioni di euro, vantati da 143 soggetti tra le province di Napoli e Caserta.
I PRESTANOME
E ancora: a Casera due imprenditori avevano dichiarato che la loro azienda aveva effettuato interventi che avevano generato 13 milioni di crediti. Peccato che, in realtà, si occupassero di tutt’altro: nella fantomatica sede della società gli investigatori non hanno trovato mezzi, attrezzi, ma nemmeno dipendenti, oppure uffici. I crediti erano stati ceduti, in tranche di 500mila euro, a una serie di prestanome incaricati di rivenderli agli istituti di credito che, inconsapevoli del business illegale, erano pronti a monetizzarli. I raggiri sono andati avanti fino ad oggi. Uno degli ultimi casi in ordine di tempo risale a una settimana fa ed è stato scoperto dai finanzieri di Camerino e dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Macerata: in manette è finita una famiglia di quattro persone, composta da un trentunenne con una lunga lista di precedenti, dalla moglie e dalla sorella - che avevano il ruolo di prestanome e intermediarie - e dalla madre, mente dell’operazione. Insieme a tre professionisti - un architetto, un commercialista e un consulente del lavoro - la banda ha messo in piedi una truffa da 4,8 milioni di euro. Il trucco era sempre lo stesso: incamerare crediti non dovuti tramite interventi di ristrutturazione fantasma, gonfiando e falsificando le fatture rilasciate per lavori nel campo dell’edilizia.
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Il Messaggero