Strage di Utoya: sono passati dieci anni da quando il neonazista Breivik uccise 69 ragazzi

Strage di Utoya: sono passati dieci anni da quando il neonazista Breivik uccise 69 ragazzi
Dieci anni dalla strage di Utoya. Domani è la ricorrenza del massacro compiuto dal fanatico neonazista norvegese Anders Behring Breivik. Breivik il 22 luglio 2011...

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Dieci anni dalla strage di Utoya. Domani è la ricorrenza del massacro compiuto dal fanatico neonazista norvegese Anders Behring Breivik. Breivik il 22 luglio 2011 sparò, con le sue armi di precisione, su 69 ragazzi della gioventù laburista norvegese nell'isola di Utoya, dopo aver ucciso altre otto persone in centro a Oslo con un attentato dinamitardo che distrusse il palazzo del governo. Per la strage Breivik venne condannato a 21 anni di carcere. Ad oggi ha scontato quasi la metà della sua pena.

Dieci anni dalla strage neonazi di Utoya: quanti anni di carcere a Breivik

 

L'obiettivo di Breivik era il partito laburista al potere. Secondo l'estremista, responsabile di aver tradito il paese con una politica pro immigrazione. Il primo attacco lo portò a termine al Regjeringskvartalet, il quartier generale del governo a Oslo. Alle 15:26 un’ autobomba esplose fuori dall'ufficio del Primo Ministro Jens Stoltenberg e altri uffici governativi. La deflagrazione causò 8 morti e numerosi feriti. Due ore dopo Breivik, travestito da agente, si recò sull’isola di Utoya, a Tyrifjorden, Buskerud. Con una banale scusa radunò i ragazzi presenti. A quel punto con una mitragliatrice sparò sulla folla: 69 giovani tra i 14 e i 20 anni morirono. Dopo il massacro di l'uomo si consegnò alla polizia.

«Io c'ero, ricordo ancora quelle ore terribili», narra un abitante del posto, Terje Lien, oggi pensionato 75enne. «Udii spari e raffiche. Mio figlio mi chiamò, vedeva decine di giovani, alcuni feriti, che tentavano di scampare alla strage nuotando su quel corto tratto di mare di seicento metri da Utoya e la terra ferma. Prendemmo subito la nostra barca, altra gente di qui fece lo stesso. Riuscimmo alla fine a salvare e portare a riva 28 giovani, mentre il massacro continuava, e udivamo raffiche e urla. Poi alla fine, tardi, arrivarono gli agenti speciali. Non conoscevano bene il luogo, li accompagnammo, e davanti ai nostri occhi vedemmo quelle decine di giovani uccisi, vite spezzate dal nazista, e altre decine giacere a terra feriti in pozze di sangue».

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Il Messaggero