«Stop ai telefonini». Il patto salva-figli di cinquanta famiglie: «Noi non siamo contro la tecnologia, serve responsabilità»

Belluno, i genitori “no smartphone”: «Noi non siamo contro la tecnologia, ma bisogna avvicinarcisi in modo responsabile»

«Stop ai telefonini». Il patto salva-figli di cinquanta famiglie
C’è scritto nel patto firmato da cinquanta famiglie: «Ci impegniamo a consegnare ai nostri figli uno smartphone personale che si può connettere alla rete...

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C’è scritto nel patto firmato da cinquanta famiglie: «Ci impegniamo a consegnare ai nostri figli uno smartphone personale che si può connettere alla rete non prima della fine della seconda media». Non solo: una volta che il dodicenne o il tredicenne riceve il telefonino con traffico dati le famiglie faranno sì che l'utilizzo avvenga in «maniera trasparente» almeno fino ai 14 anni. Cosa significa? Resterà la supervisione dei genitori, che potranno verificarne le operazioni dalla messaggistica alle pagine Internet visitate. Inoltre, saranno «stabilite in famiglia delle regole chiare».

 

 

LE SCELTE

«Ad esempio - racconta uno dei genitori, Alex Fagro, presidente del gruppo Famiglie in connessione - si può decidere che lo smartphone non si usa a tavola. E la regola andrà rispettata sia dai figli sia dai genitori. Vorrei però chiarire un elemento importante: noi non siamo contro la tecnologia, riteniamo che sia molto importante nelle nostre vite. Però vogliamo che i nostri figli si avvicinino a questi strumenti in modo sano e responsabile». 
Il gruppo si è formato a Ponte nelle Alpi, una cittadina di ottomila abitanti in provincia di Belluno. «Inizialmente eravamo tre o quattro famiglie, gradualmente il numero è cresciuto arrivando, a gennaio, a quota cinquanta. Parliamo soprattutto di bambini delle elementari, ma sono coinvolti anche ragazzi delle medie. E la sperimentazione sta dando buoni risultati, è stata ben accettata dai nostri figli, non c’è nessuna rivolta in corso. Anche perché non siamo talebani, c’è una certa flessibilità: io ho due figli di 8 e 11 anni, proprio ora stavano giocando con il mio tablet. E se una famiglia ad esempio ha la necessità che il proprio figlio sia raggiungibile, può fare una eccezione, magari consegnandogli un cellulare di vecchio tipo che può solo chiamare, ricevere e inviare sms. Niente Internet».

 

 

GLI ESEMPI

L’iniziativa del patto per limitare gli smartphone ai più piccoli non parte da Ponte nelle Alpi: «Noi ne abbiamo sentito parlare da alcune famiglie a Gemona, in Friuli-Venezia Giulia, ma i casi sono vari. Si rivela fondamentale che siano gruppi numerosi e omogenei, che riguardino ad esempio delle classi o dei gruppi sportivi. Negare lo smartphone a un solo ragazzino può essere traumatico, se interessa più amici o compagni di scuola è molto più accettato». 
Analoghe sperimentazioni, si legge nella pagina web di “Patti digitali” stanno avvenendo o sono in via di attivazione in diverse città: oltre a Ponte nelle Alpi e Gemona, anche a Vimercate (Monza Brianza), Milano, Pordenone, Udine, Azzano Decimo (Pordenone), Torino, Modena e Isola d’Elba (sono alcuni esempi, l’elenco è più lungo).

 

PALADINO

Alex Fagro è un ingegnere meccanico e non è certo un paladino del “no alla tecnologia”. «Guardi i primi due punti del patto e capisce quali sono le nostre reali intenzioni: promuovere momenti di educazione digitale, rivolti tanto agli adulti quanto ai ragazzi; far accedere i nostri figli a contenuti digitali adatti alla loro età. Voglio dire: non serve ritardare l’acquisto di uno smartphone, se poi un bambino di quinta elementare con lo smart tv presente ormai in tutte le case può guardare serie televisive che non vanno bene per un ragazzino della sua età». Ecco, ad esempio, il ruolo dei “parental control” negli abbonamenti ai vari servizi di streaming. In linea di massima, normalmente, sia in una piccola città come Ponte nelle Alpi sia in metropoli come Roma o Milano, lo smartphone viene acquistato ai figli alla fine delle elementari o al massimo in prima media. 

 

 

LE DIFFICOLTÀ

Racconta una madre romana: «Non c’è solo un problema di emulazione quando neghi il telefonino. Spesso i ragazzini hanno la “chat di classe” già alle medie, come fanno senza lo smartphone? E pensiamo ai genitori separati. A volte il telefono è un modo per mantenere il contatto con il genitore che non vive più con il figlio. Insomma, lasciare i ragazzi senza il device è più facile a dirsi che a farsi».

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Il Messaggero