Skill mismatch, come ridurre divario tra competenze richieste dal mercato e quelle in possesso dai professionisti

Skill mismatch, come ridurre divario tra competenze richieste dal mercato e quelle in possesso dai professionisti
Il fenomeno dello skill mismatch ha determinato, secondo l’European Centre for the Development of Vocational training (Cedefop) dell’Unione Europea, a fine...

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Il fenomeno dello skill mismatch ha determinato, secondo l’European Centre for the Development of Vocational training (Cedefop) dell’Unione Europea, a fine 2020 ben 135 mila posti di lavoro vacanti in ambito ICT in Italia e 750 mila in Europa. Da qui la necessità di ripensare l’approccio delle aziende per favorire lo sviluppo delle competenze nel mercato del lavoro e ridurre il divario tra domanda e offerta professionale più qualificata e specializzata. La sfida delle organizzazioni è dunque quella di individuare le strategie di apprendimento più efficaci per sviluppare nuove skills e ingaggiare e coinvolgere tutte le persone.

 

BIP ha realizzato un sondaggio sulla popolazione aziendale interna ed esterna all’organizzazione BIP, da cui è emerso che la motivazione principale per cui le persone intraprendono percorsi di apprendimento è data dalla volontà di crescita, di apprendere nuove competenze (58%) o di svolgere meglio il proprio ruolo all’interno dell’azienda (25%).

Secondo lo Studio, le principali soft skill necessarie a svolgere al meglio la propria mansione nell’organizzazione di riferimento sono il problem-solving in contesti complessi (41%), il pensiero critico e la capacità di analisi (37%), oltre a creatività, originalità e iniziativa (30%); minore è invece l’importanza attribuita alle competenze come resilienza, leadership e ascolto attivo, rompendo così il paradigma tradizionale.

Le persone hanno, inoltre, maturato un maggior interesse su modalità di apprendimento basate sull’interazione Human2Human: il knowledge sharing è ritenuta quella più efficace (36%), diventa quindi indispensabile passare da un modello di apprendimento individuale alla collaborazione aperta fra più realtà che permetta uno scambio di competenze e arricchimento collettivo. Solo l’11% dei votanti, emerge dall’indagine, si è mostrato pienamente soddisfatto delle azioni intraprese dall’azienda per lo sviluppo delle competenze.

 

“È oggi necessaria un’evoluzione del mindset che ha contraddistinto lo sviluppo di competenze e del talento nelle organizzazioni – afferma Carlo Capé, CEO di BIP – per attuare una trasformazione dell’ambiente di apprendimento che da “ego-sistema” diventi “equo-sistema”. All’interno del quale ogni persona possa contribuire al patrimonio culturale comune al fine di creare nuovi ecosistemi collaborativi, insieme a imprese, enti pubblici, istituzioni, scuole e associazioni, per ricostituire il capitale economico e sociale”.

 

“Più si alimenta la presenza della diversità rispetto alla “normalità” e la condivisione collaborativa per uno scopo comune, anche al di fuori del proprio confine organizzativo, più saranno variegate e consistenti le competenze che si possono apprendere e valorizzare nell’ecosistema stesso”, dichiara Alessia Canfarini, Partner BIP e Responsabile del Centro di Eccellenza Human Capital.

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Il Messaggero