Omicidio pluriaggravato. la procura di Siena ha aperto un fascicolo sulla morte di Ottavia Fabbrizzi, una donna di 37 anni che fu brutalmente uccisa nel giugno del 1944 a...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
A rendere nota l'inchiesta è l'Associazione nazionale "Vittime della marocchinate", nome con cui sono rimaste note le violenze perpetrate in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale dai soldati, molti dei quali marocchini, inquadrati nel Corpo di spedizione francese che con gli Alleati liberava il Paese dall'occupazione nazi-fascista. Dell'episodio di Radicofani si ricorda che Ottavia Fabbrizzi fu ferita gravemente con un colpo di pistola perché si oppose a una violenza sessuale e morì dopo ore di agonia. I familiari la vegliarono per tutto il tempo prima che spirasse, temendo che i soldati tornassero indietro per infierire ancora su di lei. Dopo la querela, Giselda è stata ascoltata dai carabinieri nell'inchiesta coordinata dal pm Valentina Magnini. L'avvocato Paola Pantalone, che la assiste insieme all'avvocato Luciano Randazzo, ha presentato al gip di Siena un'istanza di incidente probatorio per cristallizzare, data l'età di Giselda, il suo racconto.
«L'omicidio pluriaggravato - spiega l'avvocato Pantalone - è un crimine di guerra che non si prescrive mai», anche se «abbiamo poca speranza di identificare i responsabili e arrivare a un processo, la signora ha deciso di fare denuncia perché non si dava pace che l'episodio non avesse avuto un seguito e che non siano stati individuati quei responsabili». E il tempo che trascorre non lascia molto spazio, quindi l'incidente probatorio sembra lo strumento utile per irrobustire questa iniziativa. I legali della figlia della donna uccisa hanno intenzione di chiedere al comune di Radicondoli di intitolare una strada alle vittime della marocchinate. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero