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“Il Po in secca (sorgenti invisibili sul Monviso e quota -3,10 metri a Ponte della Bacca) come a Ferragosto? E il Sesia privo dell'80% dell'acqua? Preoccupante, molto, ma i prossimi mesi nei campi dovremo anche fare i conti con la siccità dovuta alla pesante carenza di acqua derivante dallo scioglimento della neve che finora non è caduta: siamo al 56% di precipitazioni in meno (dati Isac Nnr) rispetto all'anno scorso. Ora i fiumi sono in crisi per carenza di pioggia invernale, poi lo saranno per mancanza attuale di neve”.
Lorenzo Bazzana è il responsabile economico nazionale di Coldiretti: non sta a lui scrutare i cieli e registrare i dati dei pluviometri, peraltro a secco in gran parte d'Italia, sta a lui fare i conti dei danni causati da una siccità, che si teme possa divenire endemica, e allestire strategie per fronteggiarla. Non piove da quasi due mesi, la perturbazione di San Valentino si è rivelata ben poca cosa: mancano, statistiche alla mano, quasi 5 miliardi di metri cubi di pioggia rispetto al quantitativo medio. La mancanza di precipitazioni tocca punte che arrivano al 76% nel Nord-Ovest e al 72% in Sardegna.
Lorenzo Bazzana
“Il paradosso è che se facessimo questi discorsi a fine anno, tenendo conto solo dei dati assoluti, scopriremmo che non si può effettivamente parlare di siccità per carenza di precipitazioni: sommando i numeri di tutto l'anno, più o meno, ritroveremmo le stesse precipitazioni degli anni precedenti.
Orzo, frumento e loietto iniziano ora la fase di accrescimento che rischia di essere compromessa, a rischio lo sviluppo dei prati destinati all'alimentazione degli animali. E presto partiranno le lavorazioni per la semina del mais, ma con i terreni aridi e duri le operazioni potrebbero essere assai complicate e più costose del solito. E del sostenibile per i coltivatori.
Che cosa possono fare le aziende agricole, circa 1,5 milioni, del comparto agrialimentare che vale un quarto del Pil?
“Le prossime settimane saranno decisive: ora molte coltivazioni, appena germinate, non sono ancora "stressate", ma poi dovranno avere acqua per continuare a crescere. L'attività degli agricoltori non è limitata alla produzione, ma alla tutela stessa del territorio. Anche grazie ai fondi del Pnrr si spera di poter avviare un vasto piano di realizzazione di invasi e di opere per il recupero delle acque e per la loro conservazione. E poi vanno individuate colture adatte agli anni che ci aspettano, anni con ridotte dotazioni di acqua, mi riferisco in particolare ai cereali”.
La diffusione capillare dell'irrigazione a goccia può essere una soluzione?
“Di certo l'efficienza degli impianti e il loro miglioramento sono importanti, ma attenzione, l'irrigazione a goccia non può essere l'unica risposta. Come dicevo, l'attività degli agricoltori tutela l'intero territorio e non solo quello ristrettissimo attorno alle piante. L'acqua usata per irrigare tradizionalmente le coltivazioni alimenta anche il territorio circostante che ospita altre piante, animali, pesci e insetti: un ecosistema importante per l'equilibrio del territorio che non può essere lasciato fuori dalle pratiche di irrigazione che fanno leva anche sulle tecniche millenarie di irreggimentazione delle acque”.
L'Italia è costretta a importare il 60% del grano che le serve per pane e pasta, eppure da anni si assiste a una riduzione delle superfici coltivate. E ora arrivano pure le conseguenze della crisi Russia-Ucraina.
“Sì, una situazione complessa che impone azioni comuni e coordinate. Da anni i prezzi bassi della materia prima non remunerano gli agricoltori che passano quindi a altre coltivazioni. Poi, quando i prezzi si alzano, arrivano le maggiorazioni dei costi di coltivazione (carburanti, energia elettrica) che riducono di nuovo i margini. E questo vale anche per il frumento e il mais. Di questi prodotti non si può però fare a meno e quindi gli effetti di siccità, rincari dell'energia e crisi internazionali non possono ricadere solo sulle spalle degli agricoltori”.
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