Una "tempesta emotiva" determinata dalla gelosia può attenuare la responsabilità di chi uccide. Anche sulla base di questo ragionamento la Corte di appello...
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A pochi giorni dall'8 marzo, fa discutere la sentenza che dimezza la pena di Castaldo. In uno dei passaggi chiave del provvedimento della Corte di Assise di Appello di Bologna si dice, in sostanza, che una 'tempesta emotiva' determinata dalla gelosia può attenuare la responsabilità di chi uccide. Con la conseguenza che i 30 anni di condanna inflitti in primo grado a Michele Castaldo sono diventati 16. «Un'ingiustizia», dice la sorella della vittima, augurandosi un ricorso in Cassazione della Procura generale, che sta valutando se ci sono gli estremi per presentarlo. Per il ministro Giulia Bongiorno, avvocatessa da anni impegnata contro la violenza sulle donne, «in alcuni passaggi mi sembra un ritorno a un passato remoto. Non ho nessuna nostalgia - aggiunge - del delitto d'onore e dell'idea della donna come essere inferiore».
Castaldo, 57 anni, arrivò all'omicidio dopo che da un paio di giorni si mostrava geloso per messaggi di altri uomini sul cellulare di Olga. Il 5 ottobre la aspettò davanti a casa, i due entrarono, si misero a parlare e a bere vino. Fu allora che le confidò le proprie insicurezze in amore, dovute al fallimento del suo matrimonio e, a suo dire, ai tradimenti della moglie. Lei però avrebbe mostrato poca comprensione e gli chiese di andarsene, senza minacciare di lasciarlo. Ma scattò un nuovo litigio. Ecco quel che successe, direttamente dal racconto dell'assassino: «Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro. L'ho stretta al collo e l'ho strangolata». Una volta tornato a casa, Castaldo tentò di farla finita con alcol e farmaci. Poco prima c'era stato un messaggio alla cartomante 'di fiducià: «Cambia lavoro, l'ho uccisa e mi sto togliendo la vita, non indovini un c...».
Nella sentenza si conferma la sussistenza dell'aggravante dell'aver agito per motivi abietti e futili, ma si concedono le attenuanti generiche, ritenute equivalenti con le aggravanti.
Il Messaggero