Sea Watch, dalla multa al sequestro: cosa rischia la comandante Carola Rackete

Continua il braccio di ferro Sea Watch tra Carola Rackete, la capitana 31enne dell'imbarcazione con 42 migranti a bordo, e il governo italiano nella persona del vicepresidente...

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Continua il braccio di ferro Sea Watch tra Carola Rackete, la capitana 31enne dell'imbarcazione con 42 migranti a bordo, e il governo italiano nella persona del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Codice della navigazione, codice penale, decreto sicurezza bis, testo unico sull'immigrazione: il quadro normativo che fa da sfondo alla vicenda Sea Watch è complesso. E allora cosa rischia la giovane comandante dell'imbarcazione che, forzando il blocco delle forze dell'ordine, ha portato in acque italiane la nave?


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Le leggi di riferimento sono sostanzialmente tre: il decreto sicurezza bis entrato in vigore il 15 giugno, che ha modificato tra l'altro, il testo unico sull'immigrazione, il codice della navigazione e il codice penale. «Il decreto sicurezza bis - spiega Giorgio Bisagna, avvocato esperto di diritto dell'immigrazione, che nel 2004 assistette i migranti recuperati in mare dalla nave tedesca Cap Anamur, entrata nelle acque italiane nonostante il divieto del ministero dell'Interno - introduce una sanzione amministrativa per chi forza il blocco disposto a protezione dei confini. Si tratta di una multa che arriva fino a 50mila euro e prevede, in caso di reiterazione del reato, il sequestro della nave». «La norma, secondo me, non esclude l'applicazione di disposizioni del codice penale in quanto dice espressamente 'fatta salva l'ipotesi di reatò, - spiega - il che potenzialmente potrebbe far concludere che la giovane comandante potrebbe rispondere anche del delitto di sancito dall'articolo 650 del codice penale punito con l'arresto fino a 3 mesi».

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A disciplinare il mancato rispetto del blocco navale sono anche due norme del codice della navigazione: l'articolo 1099, che punisce con una pena fino a due anni chi rifiuta obbedienza a navi da guerra, e l'articolo 1100 che sanziona con una pena massima di 10 anni il comandante o l'ufficiale della nave che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale. Entrambe le disposizioni, però, in virtù dell'articolo 1080 del codice della navigazione si applicano solo alle navi italiane e la Sea Watch batte invece bandiera olandese». Altro discorso, secondo Bisagna, deve farsi per la norma che sanziona il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina punito fino a 15 anni. «Io ritengo che il favoreggiamento non possa contestarsi a chi presta soccorso in mare a persone in pericolo - spiega il legale- Si può ipotizzare in questi casi secondo me sia la causa di giustificazione dello stato di necessità, che esclude il reato, sia l'adempimento a obblighi derivanti da leggi nazionali e internazionali». Bisagna cita precedenti giudiziari »illustri«: la vicenda Cap Anamur che vide assolti capitano, armatore e primo ufficiale e l'archiviazione, chiesta dai pm di Palermo, proprio per tre Ong, compresa la Sea Watch. L'inchiesta venne aperta nel 2017 dopo una segnalazione della Guardia di Finanza che ipotizzava delle »incongruenze« nel comportamento della Ong in occasione del soccorso portato a un'imbarcazione in avaria. I pm palermitani, nella richiesta di archiviazione accolta dal gip, analizzarono la normativa internazionale in materia di soccorsi concludendo per la legittimità dell'operato delle organizzazioni umanitarie sia rispetto alle convenzioni sovranazionali, sia rispetto alla normativa interna penale e ritenendo applicabile la scriminante dello stato di necessità. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero