Salme nelle fosse comuni per liberare loculi al cimitero: sei arresti

Salme nelle fosse comuni per liberare loculi al cimitero: sei arresti
Per liberare i loculi del cimitero di Rionero in Vulture (Potenza), da rivendere poi illecitamente attraverso un sistema basato sulla corruzione, alcune salme sono state gettate...

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Per liberare i loculi del cimitero di Rionero in Vulture (Potenza), da rivendere poi illecitamente attraverso un sistema basato sulla corruzione, alcune salme sono state gettate in «vere e proprie fossi comuni». È uno dei particolari emersi nel corso dell'operazione «Il grido dell'Ade» sull'affidamento di appalti nello stesso Comune lucano: stamani la Polizia ha arrestato sei persone (tre in carcere e tre ai domiciliari).



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Le indagini sono cominciate dopo la denuncia di un cittadino sulla compravendita dei loculi nel cimitero di Rionero. Gli investigatori hanno individuato «un sistema che di fatto orientava e monopolizzava l'aggiudicazione dei servizi e dei lavori pubblici del Comune di Rionero in Vulture», tra cui la gestione del cimitero, per un totale di circa due milioni di euro. Al centro dell'operazione vi è la famiglia Aiuola, che gestiva il cimitero di Rionero, e a cui facevano capo diverse società, una delle quali aveva in gestione il cimitero di Orta Nova (Foggia) dove sono stati accertati casi di corruzione.

La Squadra mobile di Potenza ha anche eseguito una settima misura interdittiva, quella del divieto di esercitare attività imprenditoriali, e un provvedimento di sequestro preventivo «per equivalente» sui beni degli indagati. Le accuse, a vario titolo, sono di corruzione, concussione, peculato, turbata libertà degli incanti, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso in atto pubblico, abuso in atto d'ufficio e soppressione di cadavere. Le indagini hanno riguardato anche i servizi funerari da parte di imprese collegate alla famiglia Aiuola, a cui «anche grazie a complicità all'interno del Comune di Rionero, gli utenti - è specificato in un comunicato diffuso dalla Procura della Repubblica di Potenza - erano indotti a ricorrere».
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Il Messaggero