Scartata per un posto da cameriera in un ristorante di Fonni, in provincia di Nuoro, per il colore della sua pelle. Troppo scuro, date le origini senegalesi. Così scuro che...
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A denunciare il fatto è stato proprio il marito, che ha deciso di difendere la moglie con un lungo post sul suo profilo Facebook. «Sono coniugato con una meravigliosa ragazza di colore appena stata oggetto di una gravissima discriminazione razziale», ha scritto Mura, «Contattata da una amica per un lavoro da cameriera in un matrimonio si è presentata insieme ad altre 49 ragazze dal colore neutro. La professionalità della donna selezionatrice, molto attenta ai particolari, ha fatto in modo che percepisse la pericolosità del diverso ritenendo che la cosa avrebbe potuto turbare la sensibilità degli invitati». L'uomo ha poi deciso di lanciare un messaggio diretto alla donna incaricata per la selezione delle cameriere: «Sono pienamente cosciente che non è la sola a vedere il mondo in bianco e nero ma ciò non la giustifica anzi se provasse a guardarsi in faccia, cosa che le consiglio, si sentirebbe fuori luogo, inadeguata al ruolo di mamma, inadeguata a tutto ciò che fa. Lei, perché non lo avesse ancora capito, rappresenta qualcosa di maleodorante, di maledettamente vecchio ed inutile. Lei e quelli come lei sono esseri inutili per tutta la società che ogni giorno è impegnata a combattere le molteplici discriminazioni senza colore. Lei nella sua immensa ignoranza ha leso la dignità di una persona che neanche conosceva, la stessa che non ha mai perso la fiducia nei suoi simili a prescindere dal colore della pelle».
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Intervistata dall'emittente televisiva locale Videolina, la donna, che ha preferito non mostrarsi in volto, ha rivelato che questo non è il primo episodio in cui è stata vittima di discriminazione per via delle sue origini africane: «Non è la prima volta che mi succede di essere discriminata. A Nuoro sono stata accolta come una figlia ma non nascondo il fatto che mi è spesso capitato, sopratutto nei paesi limitrofi, di non poter lavorare per via della mia pelle».
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Il Messaggero