In quarantena i 56 italiani alla Cecchignola: ecco cosa è e cosa fanno

Tanta fame e cibo italiano precotto in confezioni sigillate, poi il relax in stanza intervallato dai controlli, le telefonate ai propri familiari. O le chiacchierate in cortile e...

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Tanta fame e cibo italiano precotto in confezioni sigillate, poi il relax in stanza intervallato dai controlli, le telefonate ai propri familiari. O le chiacchierate in cortile e negli spazi comuni, filtrate dalle mascherine, che fanno ormai parte del proprio volto. È il primo giorno di quarantena dei 56 italiani rientrati da Wuhan - la regione focolaio del Coronavirus - all'interno del Centro olimpico nella città militare della della Cecchignola, a sud di Roma, per le prossime due settimane. Lo scopo è scongiurare il rischio che il virus possa arrivare proprio dai nostri connazionali rientrati dalla Cina, anche se le misure al momento rappresentano solo una doverosa precauzione.


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Dopo le prime visite all'aeroporto militare di Pratica di Mare, i due pullman dell'esercito hanno portato famiglie, giovani, ragazzini e persino neonati all'interno del centro. «Stiamo bene, siamo solo stanchi, ora dovrò trovare qualcosa da fare. Ma non sarà difficile visto che ho da studiare e con me ho i libri», spiega al telefono ai genitori Lorenzo, uno studente di 22 anni, rintanato in una delle oltre sessanta stanze delle due palazzine rosso mattone, dove sono state allestite le comode camere in base alle esigenze dei nuovi ospiti. Qualcuno dal pullman, al suo arrivo, è persino riuscito a intravedere i genitori, che invano - in un misto di commozione e ancora una punta di preoccupazione - hanno tentato di riconoscerli dietro le mascherine e gli occhiali protettivi.

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Poi l'assegnazione delle camere, un breve briefing sulle misure dei protocolli da adottare e il pranzo. A consegnare i vassoi in piatti sigillati, con pasta, secondi, pane e arance, sono stati i soldati dell'8ø reggimento trasporti "Casilina", che indossano tute, occhiali e mascherine, portando i pasti in contenitori e con posate rigorosamente monouso. Nonostante tutte le accortezze igieniche, gli oggetti sterilizzati e le tante precauzioni, i contatti sono ridotti al minimo: i militari consegnano ciò che serve in una sorta di mensa allestita per il deposito dei pasti, pronta ad essere raggiunta dagli ospiti che da soli si servono e ritirano il cibo. Ma la volontà è quella di rendere la città militare un posto comodo per i 56 connazionali in quarantena, una sorta di residence per civili per le due settimane a venire. È per questo che nei prossimi giorni le misure potrebbero essere meno stringenti per il gruppo.

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Dall'equipe del Ministero della Salute sarà valutato l'accesso al campo di calcetto e al minibasket. E nel cortile sono state portate delle giostrine per i bambini. Intanto negli spazi comuni c'è già chi chiacchiera raccontando la propria esperienza: da Modena a Pescara, passando per Reggio Emilia, Gorizia e altre città, a prevalere sono gli accenti di giovani del Centro e del Nord Italia. «Certo è stata un pò una disavventura, ma le preoccupazioni sono più in Italia che in Cina. Lì le precauzioni erano perfino più blande», spiega ancora Lorenzo.


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Il Messaggero