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«Ci sono ansie e paure, la stessa resilienza che confligge con l’idea superomistica che si sia invincibili ed esonerati dall’esperienza traumatica del fallimento». È questo il contesto in cui vivono i giovani di oggi o, almeno, la cornice che abbraccia una gran parte delle loro vite secondo Paolo Maria Reale, Rettore del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma. E poi c’è quella violenza, fisica e verbale, che gioca un ruolo dirimente e che impone una riflessione: «Siamo di fronte a un’urgenza educativa che chiede testimoni credibili di valori positivi».
Professor Reale, a causa del Covid-19 moltissimi ragazzi hanno dovuto frequentare la scuola a distanza. Al di là dell’insegnamento cosa è stato privato loro?
«È mancato un tempo più disteso per le lezioni e dunque per apprendere, è mancato un dialogo educativo più immediato e non vincolato alle condizioni che la connessione impone, è mancata la possibilità di apprendere in un contatto più ravvicinato e magari, perché no, anche di sbagliare in diretta».
“Che cosa è importante per me”, la lezione di Emanuele e Willy
L’uso della tecnologia abbatte le distanze ma può diventare però un’arma pericolosissima, lei cosa pensa?
«L’accaduto al Pincio ha dell’incredibile.
C’è un antidoto secondo lei?
«Il pensiero, la capacità di fermarsi e di riflettere un attimo su se stessi».
A tal proposito Il Messaggero ha bandito un concorso letterario, “Cosa è importante per me”, sostenuto anche dall’Associazione nazionale dei presidi di Roma e del Lazio, rivolto ai giovani da 14 a 19 anni per chiedere loro quali sono i valori predominanti oggi.
«Quando Bob Dylan vinse il Nobel per la Letteratura ho pensato che si fosse tentato di creare un contatto significativo con il mondo della comunicazione di massa. Ma gli adolescenti che ascoltavano Bob Dylan oggi sono ormai più che uomini fatti. Ritengo veramente necessario, come ha organizzato Il Messaggero, raccogliere una sfida ancora più alta nel tentativo di conquistare le menti e anche i cuori dei giovani. Ben vengano le competizioni letterarie per stimolare creatività e talenti a volte nascosti che favoriscono proprio il pensiero come categoria operosa. La filosofa Martha Nussbaum dice che bisogna coltivare l’umanità anche per rinunciare alla violenza. In un periodo in cui è difficile per i ragazzi esprimersi a pieno ritengo che il tornare alla carta stampata, alla penna e al foglio sia un’occasione irripetibile».
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Il Messaggero