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CASTELFRANCO VENETO (TREVISO) - Nel giorno della sua condanna definitiva a 6 anni di carcere per aver stuprato una minorenne in discoteca, lui invoca vendetta sui social: «Chi mi ama, mi vendichi».
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E la vittima, già bersaglio di campagne d'odio, ripiomba nella paura: «Ho fatto cambiare le serrature di casa. Temo che i suoi amici mi facciano del male o mi sfregino con l'acido». Martedì la giustizia ha presentato il conto a Filippo Roncato, 27enne di Loreggia (Padova) Pr della discoteca "Baita al Lago" di Castelfranco (Treviso) nonché rampollo di una nota famiglia di imprenditori padovani attivi nel settore del mobile.
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dai suoi legali (gli avvocati Fabio Pavone e Manuela Turcato) confermando quindi la sentenza della Corte d'Appello di Venezia, che a sua volta aveva avallato la condanna in primo grado emessa dal tribunale di Treviso. Il verdetto è di 6 anni di carcere per aver abusato di una ragazzina di 15 anni. L'amico Giulio Peschetola è stato condannato invece a 6 mesi per violenza privata per aver trattenuto l'amica della vittima, che aveva cercato di raggiungerla nel luogo in cui si stava consumando lo stupro. Era la sera 21 agosto 2015. Otto anni dopo cala il sipario sul processo ma non sul risentimento dell'imputato, che si è sempre professato innocente, sostenendo che il rapporto fosse consenziente: «Posso giurarlo, non c'è stata nessuna violenza sessuale», aveva ripetuto in aula.
LO SFOGO
Roncato si dipinge come una vittima della malagiustizia, con un post al vetriolo postato sul suo profilo Instagram, in cui attacca i magistrati e lancia un appello esplicito agli amici: «Vendicatemi».
«Finalmente la verità è venuta a galla: è giusto che lui paghi per quello che mi ha fatto - commenta lei, oggi 23enne -.Anche se certe ferite non me le curerà mai nessuno». Per lei la serata in discoteca con gli amici si era trasformata nel peggiore degli incubi. «Non conoscevo il Pr - ha raccontato la ragazza durante il processo -. Mi ha sorpresa alle spalle, mi ha portata in una zona isolata della discoteca e lì ha iniziato a baciarmi e palpeggiarmi, poi mi ha costretta a spogliarmi e mi ha imposto un rapporto sessuale completo». La sua versione era stata confermata anche dall'amica che aveva tentato di correre in suo aiuto, trattenuta però da Peschetola.
IL CALVARIO
La vittima, sconvolta, non ha mai avuto dubbi: lo stupratore andava denunciato. In questi anni la ragazza ha affrontato un calvario: «Dopo lo stupro ho perso 35 chili per i farmaci anti Aids che ho dovuto prendere, ma la parte più difficile è stata elaborare il trauma. Mi sentivo "sbagliata", pian piano invece ho maturato la consapevolezza che la colpa fosse interamente sua. Alcuni dei suoi amici mi hanno insultata e minacciata. Una di loro ha tentato addirittura di spingermi giù dal treno. Ho avuto paura, ma non mi sono mai arresa. Sento di aver fatto grossi passi avanti, anche grazie al sostegno psicologico e ho riversato nel lavoro tutte le mie energie». Ma qualche strascico rimane: «Quando cammino per strada mi giro sempre a controllare se qualcuno si avvicina. In discoteca ci vado solo se ci sono anche amici maschi che possono difendermi e quando entro in un locale mi metto sempre con le spalle al muro in modo che nessuno possa aggredirmi. La violenza mi ha segnata: non porto rancore a Roncato, ma le sue parole mi spaventano». «Questa ragazza va applaudita - commenta la sua legale, l'avvocata Cristina Bissacco - perché ha avuto il coraggio di denunciare il suo aggressore e di portare avanti una battaglia lunga e difficile».
Il Messaggero