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PESARO - Un portafogli contenente denaro e documenti smarrito in centro storico e l’appello su una popolarissima pagina social per ritrovarlo, appello speranzoso quanto “inutile” dato che il portafoglio in questione, con il suo generoso contenuto, veniva velocemente ritrovato e raccolto e altrettanto rapidamente consegnato in Questura da un coscienzioso giovane, un immigrato del Bangladesh, alle prese con una quotidianità a ostacoli: fuggito dal suo Paese e con un presente precario di sopravvivenza.
Faruk e il portafogli consegnato alla polizia
Faruk, questo è il suo nome, nel portare il portafogli smarrito con tutto quello che conteneva alla polizia, ha dato un esempio di senso civico non scontato e non banale. E oggi il proprietario del portafogli, residente in Basilicata e solo di passaggio a Pesaro, attraverso la stessa pagina social che ha reso virale il suo appello, ha fatto sapere di non aver voluto ripartire senza prima aver avuto la possibilità di incontrare e ringraziare lo sconosciuto. Un incontro privato e un ringraziamento pubblico diffuso nuovamente attraverso i social, postando il suo grazie su “Sei di Pesaro se...” a cui ha aggiunto una richiesta.
La speranza e la preghiera
«Sarebbe bello se il Comune di Pesaro potesse ringraziare pubblicamente Faruk e di poter far sapere che il mondo è sempre di più della belle persone». Una richiesta rivolta direttamente al sindaco Matteo Ricci e all’assessore alla Gentilezza Camilla Murgia, raccontando una storia ricca di dolore e di speranza, di chi ha scelto la nostra città per costruirsi una nuova vita. «Partirò per la mia Basilicata - ha scritto il proprietario del portafogli - portando via con me un ricordo che difficilmente potrà mai essere rimosso. Volevo condividere la mia gioia per aver finalmente incontrato e potuto ringraziare il ragazzo del Bangladesh che al ritrovamento del mio portafogli si è recato subito in Questura. È stato bello aver potuto condividere con lui un gelato e raccontarci un po’ di noi, seduti nello stesso luogo del ritrovamento. Ovviamente nel raccontarci, sono emerse anche le tristezze e i dolori di chi ha avuto meno fortuna. La famiglia lontana, i dolori e i segni delle torture subite nell’attraversare il territorio libico, quei segni cosi vistosi sul suo corpo segnavano ferite nel mio cuore. Non si riesce a rimanere freddi e impassibili difronte a tanta sofferenza. Ma come spesso capita a chi ha avuto una vita sofferta, l’onestà vince sempre su tutto.
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Il Messaggero