Sedici condanne per un totale di 31 anni di carcere. L'ultimo capitolo della sterminata saga giudiziaria dei No Tav della Valsusa si è chiude così questa mattina...
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I No Tav contrattaccano subito e prendono di mira il magistrato che ha presieduto il collegio, Diamante Minucci: «Ha dei parenti molto stretti in polizia e dubitiamo che sia davvero imparziale. È da anni che infligge pene elevatissime, persino quando i pm si pronunciano per le assoluzioni. Chiediamo che i nostri processi non le vengano più assegnati». Più che per le traversie a Palazzo di Giustizia, però, il movimento è indispettito da quello che sembra essere il giro di vite impresso nelle ultime settimane da questura e prefettura: i fogli di via (una ventina) da questo o quel Comune, gli avvisi orali (16), l'allargamento della fascia di rispetto attorno all'odiato cantiere di Chiomonte, il centinaio di denunce.
«Le persone - sottolinea Alberto Perino, 72 anni, bancario in pensione, capo carismatico del movimento - non sono più libere di circolare. C'è chi non può accedere a terreni di sua proprietà. La scorsa settimana i vignaioli sono stati bloccati per ore perché i vigneti erano all'interno della zona rossa». «Sono misure - sostengono gli attivisti - prese in assenza di reati specifici. Ci bersagliano non per quello che facciamo, ma per quello che siamo». «Io - dice una donna - ho un foglio di via da Giaglione perché, è scritto, alle manifestazioni faccio cori e sberleffi verso la polizia». Al processo di stamani, tra il pubblico, oltre a numerosi compagni degli imputati c'era Francesca Frediani, valsusina, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle in Piemonte. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero