MILANO La porta del suo ufficio al quarto pieno del palazzo di giustizia è tappezzata di post-it gialli, sui quali in bella calligrafia aveva scritto un messaggio per ogni...
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BADILE IN MANO
Musso ha fatto parte per anni della Dda di Milano, occupandosi anche del processo su alcuni omicidi di mafia che vedevano imputato Totò Riina. Piemontese doc, originario di Asti, aveva un aspetto umile e dimesso ma era un uomo di sostanza. Amava definirsi «contadino nell’anima» e in una delle sue rare foto pubbliche impugna un badile e scava nella terra. Era marzo 2015, durante il sopralluogo nelle campagne a sud est di Milano, per la precisione a Viboldone, stava cercando un martello che secondo l’accusa sarebbe stato usato da Andrea Magnani, uno dei giovani indagati per le aggressioni con l’acido. Il pm aveva chiesto che gli agenti della polizia scientifica portassero un metal detector, ma non ha avuto la pazienza di attendere e spinto dalla sua foga investigativa ha afferrato il badile e l’ha affondato nelle zolle. Non era annoverato tra i magistrati antimafia, ma pochi come lui si sono battuti contro la criminalità organizzata al punto da divenire un vero nemico per le cosche. Quando era in Sicilia ha affrontato il clan dei corleonesi, poi ha Milano ha proseguito il suo lavoro sostenendo l’accusa contro il capo dei capi, Totò Riina, e facendolo condannare all’ergastolo. Sue le grandi inchieste come «Pavone», sul traffico di droga tra Quarto Oggiaro, la Brianza e Mariano Comense, e il processo contro Martina Levato e Alexander Boettcher.
SCARPETTE PER ACHILLE
La sua severità di magistrato era compensata da gesti amorevoli.
Il Messaggero