Michelangelo e il mistero della Pietà Bandini abbandonata: scoperte crepe nel blocco di marmo

Michelangelo e il mistero della Pietà Bandini abbandonata: scoperte crepe nel blocco di marmo
Marmo fessurato: Michelangelo costretto ad abbandonare la realizzazione della Pietà conservata al Museo del Duomo di Firenze, conosciuta anche come Pietà...

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Marmo fessurato: Michelangelo costretto ad abbandonare la realizzazione della Pietà conservata al Museo del Duomo di Firenze, conosciuta anche come Pietà Bandini, una delle tre eseguite dal Buonarroti, capolavoro incompiuto al quale l'artista lavorò tra il 1547 e il 1555, anche ritraendosi nel volto di Nicodemo.

A suggerire questa ipotesi il restauro a cui è stata sottoposta, da considerarsi il primo eseguito sull'opera. L'intervento ha confermato per la prima volta che la scultura fu realizzata con un marmo difettoso, a causa della presenza di numerose microfratture, in particolare una sulla base.

 

Il mistero della Pietà Bandini

 

Elemento questo che potrebbe aver «costretto» Michelangelo ad abbandonare la realizzazione dell'opera. Una ipotesi ritenuta più credibile di quella da sempre tramandata secondo cui il grande artista, oramai anziano, scontento del risultato, avrebbe tentato in un momento di sconforto di distruggerla a martellate: il restauro non ne ha individuato traccia, a meno che Tiberio Calcagni, che intervenne successivamente sulla scultura, entro il 1565, non ne abbia cancellato i segni.

 

 

L'ipotesi del marmo difettoso si ricava anche dal Vasari: nelle 'Vite' lo descrisse duro, pieno d'impurezze e che 'faceva fuoco'. Dal restauro sono emerse tante piccole inclusioni di pirite nel marmo che colpite con lo scalpello avrebbero certamente fatto scintille.

Ma soprattutto la presenza di numerose microfratture, in particolare quella sulla base che appare sia davanti che dietro, fa ipotizzare che Michelangelo incontrandola mentre scolpiva il braccio sinistro di Cristo e quello della Vergine, sia stato costretto ad abbandonare l'opera per l'impossibilità di proseguire il lavoro.

La scoperta riguarda invece la provenienza del marmo: accertato, grazie alle indagini diagnostiche, che l'enorme blocco scolpito dal Buonarroti, alto 2 metri e 25 centimentri, del peso di 2.700 kg, non arrivava dalle cave di Carrara come ritenuto fino a oggi, ma da quella di Seravezza (Lucca). Quest'ultime erano di proprietà medicea e Giovanni dè Medici, futuro Papa Leone X, aveva ordinato a Michelangelo di utilizzarne i marmi per la facciata, mai realizzata, della chiesa di San Lorenzo a Firenze e di aprire una strada per trasportarli al mare. Come mai questo blocco di marmo fosse nelle disponibilità di Michelangelo a Roma, quando realizzà la Pietà, rimane un mistero. L'intervento ha poi liberato la scultura «dai depositi superficiali che ne alteravano la leggibilità dell'eccezionale plasticità e la cromia». L'obiettivo era di «raggiungere una lettura uniforme ed equilibrata dell'opera, riproponendo l'immagine della Pietà, scolpita in un unico blocco, come probabilmente pensata in origine da Michelangelo». Il restauro - commissionato dall'Opera del Duomo e reso possibile grazie alla donazione della Fondazione Friends of Florence -, era iniziato nel novembre 2019 e ha subito più di uno stop a causa del Covid. Il cantiere ora resterà aperto fino al a 30 marzo prossimo per permettere ai visitatori di avvicinarsi e girare intorno all'opera.

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Il Messaggero