Messina Denaro, il poster del "Padrino" nel bunker. Quell'iconografia cara ai mafiosi siciliani

Il film di Francis Ford Coppola un cult per Cosa Nostra. Un affiliato del clan Gambino lo ha visto 600 volte

Messina Denaro, il poster del "Padrino" nel bunker. Quell'iconografia cara ai mafiosi siciliani
Il poster di don Vito Corleone attaccato alla parete del covo del super boss quasi fosse un’immaginetta sacra, un simbolo da venerare. La realtà si specchia nella...

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Il poster di don Vito Corleone attaccato alla parete del covo del super boss quasi fosse un’immaginetta sacra, un simbolo da venerare. La realtà si specchia nella finzione e non è la prima volta che nelle case di mafiosi e narcotrafficanti “i miti” criminali del cinema diventano protagonisti. Ci è cascato anche Matteo Messina Denaro che, nel primo covo dove ha trascorso una parte della sua latitanza, ha scelto “Il padrino” di Francis Ford Coppola come quadro per decorare le pareti. I carabinieri hanno trovato il poster durante la perquisizione e, se non fosse tutto vero, sembrerebbe incredibile.

Eppure fior di sociologi hanno studiato il fenomeno. La cronaca ci riporta decine di casi simili. Qualche anno fa in una casa di Boscoreale, a Napoli, un camorrista, padrone del traffico di droga, esibiva un busto raffigurante Tony Montana, lo Scarface di Brian De Palma, interpretato dal grande Al Pacino. E persino il narcotrafficante più famoso della storia criminale, “El Chapo” Guzman ha invitato nel suo nascondiglio sulle montagne, l’attore americano Sean Penn e la stella messicana Kate del Castillo, perché voleva che Hollywood realizzasse un film sulla sua vita. Cinema e crimine sono da sempre attratti l’uno dall’altro. I giovani camorristi napoletani copiano gli attori di Gomorra. E ora si scopre che anche un latitante storico come Messina Denaro nutre una grande passione per don Vito Corleone. 

 

 

L’INTERCETTAZIONE

Infatti “Il padrino” (1972) è uno dei film che i criminali italo-americani amano di più. Negli anni in cui stava per uscire, l’Fbi ha intercettato una conversazione telefonica fra mafiosi nella quale si discuteva addirittura del cast. Quando è arrivato nelle sale, i componenti delle organizzazioni mafiose sono stati tra i principali spettatori. Louie Milito, membro della famiglia Gambino ucciso nel 1988, «lo ha guardato seicento volte», scrive la moglie nell’autobiografia. Dopo averlo visto, Milito e i suoi «si comportavano come gli attori del Padrino, baciandosi e abbracciandosi e usando battute del film. Un paio di loro iniziano a studiare italiano», assicura la signora.

Alcuni tra i più famosi sociologi italiani hanno sottolineato l’importanza dei film per le mafie. La mafia vuole costruire un’identità che tutti possano riconoscere, ma non può farlo legalmente, spiegano. E comportandosi come i gangster sullo schermo, fanno sapere che sono i veri mafiosi. Il paradosso è che i boss (veri) modellano la propria immagine su quella (fittizia) che appare al cinema. E nel caso delle organizzazioni criminali, le pellicole a loro ispirate finiscono per diventare, sebbene in maniera involontaria, una grande macchina pubblicitaria. Non c’è da stupirsi, quindi, se anche Messina Denaro, durante la sua vita da Primula rossa passata tra lussi e donne, abbia scelto di “indossare” ruolo e smoking magistralmente interpretati da don Vito-Marlon Brando.

 


 

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Il Messaggero