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Il riconoscimento dei morti della Marmolada non è solo un atto doloroso, è uno strazio. «Ho davanti a me le foto di quel che resta dei corpi. È difficile anche guardarle tanto sono impressionanti», racconta uno degli inquirenti che indaga sul distacco del seracco che domenica ha travolto due cordate sotto Punta Rocca.
I RITROVAMENTI
Il Palaghiaccio di Canazei è la meta finale di chi, fino a due giorni fa, sperava che un figlio o un fratello fosse sopravvissuto per miracolo al fiume di ghiaccio e pietre. Non sempre i famigliari possono dare un nome ai resti e così ci si affida agli oggetti recuperati: uno zaino, degli scarponcini, un casco. «Stiamo molto male perché non abbiamo un corpo, quello di mio figlio», si dispera la mamma di Nicolò Zavatta, 22 anni, il più giovane. Sulla via normale, quando la valanga è precipitata a 300 chilometri all'ora, salivano e scendevano almeno dodici persone, numero considerato realistico poiché i morti sono sette e i dispersi cinque, tutti italiani. Le ultime vittime riconosciute sono due cittadini cechi, la cui auto è rimasta abbandonata al passo Fedaia, e Liliana Bertoldi, 54 anni, di Levico, nota in Trentino dove si spostava con il suo furgone per la vendita di polli allo spiedo. Ancora sotto il ghiaccio Gianmarco Gallina e la compagna Emanuela Piran, in cordata con gli amici: la guida alpina Davide Miotti e la moglie Elena Campagnaro.
L'INCHIESTA
Toccherà al Ris di Parma svolgere gli accertamenti sul dna. «C'è una doppia acquisizione da fare: quella dei campioni biologici dai resti recuperati sulla Marmolada e una seconda dai campioni su un oggetto appartenuto al disperso, per esempio uno spazzolino da denti, oppure prelevato da un familiare diretto, ossia un genitore o un figlio. L'analisi ha priorità assoluta, i tempi saranno rapidissimi. In caso di match si avrebbe la prova scientifica del decesso», spiega il colonnello Giampietro Lago. Il conferimento dell'incarico avverrà oggi, durante «la prima riunione operativa» in Procura a Trento tra inquirenti, forze dell'ordine e soccorritori», anticipa il procuratore capo Sandro Raimondi. I pm hanno aperto un fascicolo per disastro colposo, al momento a carico di ignoti. «Ma il nostro non è un faldone vuoto, bensì un fascicolo da riempire per verificare se ci siano state responsabilità di qualche tipo nella morte degli alpinisti», puntualizzano fonti della Procura. Sono già stati ascoltati diversi testimoni, a cominciare dal gestore del rifugio a Punta Penia per capire quante persone si trovassero sul ghiacciaio al momento del crollo, ora saranno convocati gli escursionisti che hanno assistito alla tragedia e acquisiti filmati, anche dei giorni precedenti per valutare le condizioni del ghiacciaio. Se cioè ci fossero segnali che lasciassero presagire il distacco. Adesso al rifugio Marmolada sono stati montati un interferometro e un radar doppler in grado di captare le minime variazioni sul fronte glaciale, sia quello che si è staccato che quello intonso. È stato utilizzato nella strage di Rigopiano e in quella della Costa Concordia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero