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Il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, è arrivato alla stazione dei carabinieri vicino a piazza Duomo per autodenunciarsi dopo avere accompagnato la signora Elena, malata terminale di cancro, al suicidio assistito in Svizzera.
Eutanasia/«Noi, quelli del fine vita costretti ad emigrare per non dover più soffrire»
«Oggi mi reco alla caserma dei carabinieri per raccontare l'aiuto fornito a Elena - ha spiegato parlando con la stampa prima di entrare -, senza cui non sarebbe stato possibile arrivare in Svizzera. E spiegherò ai Carabinieri che per le prossime persone che ce lo chiederanno, se saremo nelle condizioni di farlo, aiuteremo anche loro. Sarà poi compito della giustizia stabilire se questo è un reato o se c'è la reiterazione del reato. O se c'è discriminazione come noi riteniamo tra malati». Insieme a Cappato anche l'avvocatessa Filomena Gallo, segretario della associazione Coscioni.
«Cinque anni fa in questa stessa caserma dei carabinieri ero andato a raccontare le modalità dell'aiuto a dj Fabo». Ha detto Marco Cappato prima di entrare nella caserma dei carabinieri di Milano Centro per autodenunciarsi. «Da lì - ha continuato Cappato - è iniziato un percorso giudiziario che ha portato alla legalizzazione dell' aiuto al suicidio in Italia ma solo per un tipo di malati».
LE RISPOSTE - «Non c'è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata 9 anni fa. Ora siamo arrivati a questa situazione che di fronte alla richiesta di Elena, potevamo girarci dall'altra parte o darle l'aiuto che cercava, alla luce del sole e assumendoci totalmente la responsabilità di questo», ha detto ancora Cappato.
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