«Ne sono convinta: siamo riusciti a salvare una vita». Inizia così il racconto della preside della scuola media di Lodi, dove una ragazzina di 13 anni,...
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Le tre rimangono sedute sui gradoni dell'atrio interno. La tredicenne appare disperata, le compagne cercano di consolarla. Un'insegnante va a chiamarle e le convince ad entrare in aula: proprio in quel momento la tredicenne si avvicina alla finestra come se si volesse gettare. Le due insegnanti presenti in aula, spiega la preside, capiscono che la situazione è grave. Sono le 11 e le tre giovani vengono portate in presidenza con la vice preside mentre la dirigente scolastica è a Milano. Qui raccontano delle foto osè inviate via WhatsApp e di ricatti successivi subiti dalla ragazzina affinchè ne mandasse altre.
Raggiunta telefonicamente, la preside esige che sia chiamata la polizia, intanto la tredicenne indica i compagni coinvolti: il ricattatore e chi, quelle sue foto le ha ricevute. Alle 13 la polizia porta tutti i coinvolti alla questura e vengono sequestrati cinque cellulari mentre la vittima viene accompagnata in ospedale dove si trova ricoverata tuttora in pediatria. La preside non si capacita di quanto accaduto. «E dire che proprio quest'anno - sottolinea - avevamo fortemente voluto lezioni da esperti sui pericoli del web e i nostri studenti erano stati anche istruiti sui rischi di incappare in reati penali in caso di utilizzo contro legge, eppure questo è stato il risultato. Ma oltre alla scuola - conclude la preside - c'è la famiglia: anche questa deve funzionare». La dirigente, ora, è attesa in ospedale: i medici vogliono concordare con lei la condotta da tenere quando sarà dimessa la tredicenne che ha riacquistato almeno un'apparente serenità. La polizia continua ad indagare per escludere altri eventuali coinvolti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero