Liste d'attesa, il piano per ridurre i tempi: più medici, ambulatori aperti di sera, visite anche nel weekend e nei festivi

Il provvedimento allo studio: stop ai tetti di spesa per le assunzioni, sì agli incentivi

Liste d'attesa, il piano per ridurre i tempi: più medici, ambulatori aperti di sera, visite anche nel weekend e nei festivi
Il piano del governo per le liste di attesa punta ad aumentare il numero dei medici e degli infermieri presenti nelle strutture sanitarie in modo da offrire più visite,...

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Il piano del governo per le liste di attesa punta ad aumentare il numero dei medici e degli infermieri presenti nelle strutture sanitarie in modo da offrire più visite, più analisi, più esami. E tagliare i tempi. «Presto sarà pronto e rappresenterà una svolta» ha detto ieri la premier Giorgia Meloni. E su questo il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha spiegato: «Se non mettiamo forze nuove dentro il Servizio sanitario nazionale e non assumiamo medici e personale è difficile pensare che possa continuare a offrire ciò che offre, come fa tra mille problemi. Ciò si collega a un punto che mi sta molto a cuore: il vincolo assunzionale sui tetti di spesa. Entro l’anno andremo al superamento».

Meloni: «Verso norma sulle liste d'attesa e mobilità sanitaria. Arriverà nelle prossime settimane»

STRATEGIA
Il provvedimento sulle liste di attesa punta anche ad aumentare l’offerta grazie ad ambulatori e laboratori aperti, nel migliore dei mondi possibile, nei giorni festivi e di sera, convincendo i medici ad aumentare il loro impegno, in cambio di incentivi economici. «I medici sono pronti a fare la propria parte, ma devono essere create le condizioni per un maggiore coinvolgimento» osserva Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri). La commissione sulle liste d’attesa creata dal Ministero della Salute dovrebbe completare il suo lavoro entro la fine di aprile. Nella lotta alle liste di attesa saranno utilizzati gli specializzandi e si tenterà di risolvere un problema storico: la mancanza di informazioni e l’appropriatezza. Cosa significa? Quando dovete prenotare un esame o delle analisi che il medico vi ha prescritto e chiamate il Cup della vostra regione, non è detto che l’operatore abbia il quadro preciso degli appuntamenti disponibili nelle strutture pubbliche e in quelle convenzionate. Di più: non ce l’ha neppure il Ministero della Salute che non è in grado di monitorare, a causa della frammentazione di una sanità che è su base regionale, l’andamento delle liste di attesa in tempo reale. Con un paragone grossolano, immaginate una grande catena alberghiera che nel sito in cui prenotate una stanza non sa se c’è posto nell’hotel di Madrid o in quello di Venezia. Per questo il ministro Orazio Schillaci ha spiegato: «Le liste d’attesa sono il peggior biglietto da visita del Servizio sanitario nazionale. Oggi però non abbiamo dati precisi. Un anno e mezzo per un esame è inammissibile, ma non abbiamo un monitoraggio regione per regione delle prestazioni che mancano. Bisogna mettere insieme nei Cup, nei sistemi di prenotazioni, le prestazioni del pubblico e del privato convenzionato. Non c’è solo il tema delle risorse, ma anche di come vengono spese». Inoltre, a causa di un ricorso massiccio alla cosiddetta sanità difensiva, non sempre esami e analisi prescritti sono realmente necessari. Il medico, di fronte al rischio poi di essere denunciato dal paziente, si cautela e a volte prescrive esami, analisi o visite specialistiche anche quando non sono realmente necessarie. E il sistema s’ingolfa.

NUMERI


La sanità oggi non è uguale per tutti. In alcune regioni, le fasce più povere della popolazione devono aspettare anche un anno e mezzo per un esame. Le liste d’attesa, sia pure con picchi differenti da regione a regione, dopo la pandemia sono peggiorate e lo sforzo per ridurre il fenomeno sta andando a rilento. I dati più recenti mostrano una Italia divisa in due, la mobilità sanitaria interregionale ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi euro all’anno, con le regioni del Sud che portano risorse a quelle del Nord (dati Fondazione Gimbe). Parte da questo quadro l’annuncio di ieri della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «Stiamo lavorando su un provvedimento che arriverà nelle prossime settimane che riguarda le liste d’attesa, con un’attenzione particolare alle regioni che hanno un’alta mobilità passiva, ovvero con un alto numero di cittadini che si devono trasferire altrove per curarsi. Così, la tua regione paga l’altra regione». Giorgia Meloni ne ha parlato in un’intervista a “Fuori dal coro” su Rete4. Ancora: «Voglio rivendicare che nonostante la situazione di bilancio abbastanza complessa, il Fondo Sanitario nel 2024 arriva al suo massimo storico. Noi ci abbiamo messo tre miliardi in più rispetto all’anno precedente e su che cosa ci siamo concentrati? Su quello che impatta di più sui cittadini: le liste d’attesa». In sintesi: se nella tua regione trovi una risposta sanitaria tempestiva, non sei costretto a viaggiare in un’altra area del Paese e questo, almeno in parte, dovrebbe limitare il fenomeno dei “viaggi della speranza”. Ieri sono stati diffusi i dati di uno studio realizzato da Aiop (sanità privata) e Censis: il 42 per cento dei cittadini meno abbienti è costretto a rinunciare alle cure poiché non le ottiene nell’ambito del sistema pubblico e non può pagare una prestazione nel settore privato.
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Il Messaggero