Lea Garofalo, il comune di Policastro dedica necrologio al killer. È polemica: «Un inchino alla 'ndrangheta»

Il sindaco, oggi, ha voluto fare sapere di avere telefonato alla sorella di Lea Garofalo «per chiedere scusa della vicenda perché il manifesto non è stato da noi commissionato»

Lea Garofalo, il comune di Policastro dedica necrologio al killer. È polemica: «Un inchino alla 'ndrangheta»
È polemica per il necrologio affisso sui muri a Camellino, frazione di Petilia Policastro - nel crotonese - con il quale il sindaco e l'amministrazione comunale hanno...

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È polemica per il necrologio affisso sui muri a Camellino, frazione di Petilia Policastro - nel crotonese - con il quale il sindaco e l'amministrazione comunale hanno espresso vicinanza alla famiglia di Rosario Curcio, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Lea Garofalo, morto suicida nei giorni scorsi. Il sindaco, Simone Saporito, ha tentato oggi di smorzare i toni con un video su Facebook ma attacchi e critiche nei suoi confronti non sono mancati. A partire dal governatore della Calabria Roberto Occhiuto e dalla sottosegretaria all'Interno Wanda Ferro.

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Come è morta Lea

Lea era una testimone di giustizia. Sfidando l'omertà di certi ambienti, aveva deciso di denunciare le attività illecite dell'ex compagno Carlo Cosco, legato alle cosche di 'ndrangheta. Dopo essere sfuggita ad un tentativo di sequestro, la sera del 24 novembre 2009 cadde nel tranello tesole da Cosco che con la scusa di parlare della figlia, fissò con lei un appuntamento a Milano dal quale non sarebbe più tornata. La sera stessa fu rapita dall'ex compagno e dai suoi complici, portata in un casolare, torturata e uccisa. Il suo corpo fu poi bruciato da Curcio. Solo il pentimento di uno dei partecipanti alla missione di morte, ex fidanzato della figlia di Lea, consentì, anni dopo di far trovare circa 2mila frammenti ossei recuperati in un terreno a San Fruttuoso (Monza). Curcio fu condannato all'ergastolo in via definitiva nel 2014 insieme ad altri cinque.

La polemica

Il manifesto funebre è stato quindi come un pugno allo stomaco per il governatore Occhiuto che ha bollato come «indecente» l'iniziativa, ribadendo che «le istituzioni non devono dimenticare, la 'ndrangheta va sempre isolata» e per Ferro per la quale il manifesto è «inaccettabile». «La mafia vive di simboli - il ragionamento della sottosegretaria all'Interno - e i manifesti funebri rappresentano un inchino delle istituzioni alla memoria di Curcio». Contro l'iniziativa del comune si sono scagliati anche Pd e 5 Stelle.

La risposta del sindaco

Il sindaco, oggi, ha voluto fare sapere di avere telefonato alla sorella di Lea Garofalo «per chiedere scusa della vicenda perché il manifesto non è stato da noi commissionato». «Prendiamo le distanze - ha aggiunto - e chiediamo scusa a chi si sente urtato nelle coscienze per quello che è accaduto». Nel post Saporito - che se la prende per una «sciagurata attenzione mediatica» - sostiene che nessuno ha commissionato il manifesto ma che si tratta di «una prassi consolidata da diversi anni» e rivendica le «battaglie per la legalità» fatte. «Ci fa schifo la mafia ed il crimine organizzato in ogni sua forma» ha aggiunto. Ieri, il sindaco aveva giustificato diversamente l'iniziativa, sostenendo che «davanti alla morte si è tutti uguali». Parole respinte al mittente da Wanda Ferro: «No, Lea Garofalo e l'uomo che bruciò il suo corpo non sono uguali neppure davanti alla morte. Chi rappresenta le istituzioni deve scegliere sempre da quale parte stare. Il sindaco ha mostrato di scegliere la parte sbagliata».

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Il Messaggero