Irene Pivetti, la Cassazione: «Inesistenti le sue società. Disposto sequestro per 3,5 milioni di euro»

La Pivetti è indagata per evasione fiscale e autoriciclaggio insieme ad altre 5 persone, per circa 8 milioni di euro di ricavi sottratti al fisco

Inchiesta Irene Pivetti, la Cassazione: «Inesistenti le sue società»
La Cassazione si è pronunciata sull'inchiesta che riguarda Irene Pivetti. Ad avviso degli ermellini, il Tribunale del riesame, in modo corretto - dopo che il 29...

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La Cassazione si è pronunciata sull'inchiesta che riguarda Irene Pivetti. Ad avviso degli ermellini, il Tribunale del riesame, in modo corretto - dopo che il 29 novembre 2021 il gip non aveva convalidato il sequestro - ha spiegato che il sistema di "scatole vuote" facente capo alla Pivetti, ha usato uno schermo di contratti «parzialmente o totalmente simulati, sinergicamente finalizzati al trasferimento di alcuni beni della scuderia Isolani (e principalmente della licenza d'uso del marchio Ferrari) al gruppo cinese Daohe».

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Ma dalle «risultanze investigative» si è appurato che l'ex pilota di rally Leonardo Isolani «ha sempre mantenuto la disponibilità dei beni« venduti con atto del tre aprile 2016 ad eccezione del logo "Isolani Racing Team with Ferrarì" la cui cessione, invece, «in base alle clausole di licenza, non poteva avvenire disgiuntamente dai beni della scuderia che i coniugi Isolani-Mascoli avevano interesse a cedere formalmente per sottrarsi alle azioni esecutive dell'Erario».

Il decreto

«Dai convergenti interessi della Pivetti e degli Isolani - prosegue il verdetto 40861 della Seconda sezione penale depositato il 27 ottobre, udienza del 20 settembre - sono scaturite le compravendite del tre aprile 2016, simulate soggettivamente, attesa la fittizia interposizione quale acquirente della Only Italia di Hong Kong, e oggettivamente stante la simulazione parziale quanto al compendio ceduto, risultando in concreto« venduto »esclusivamente il logo della scuderia abbinato al logo Ferrari«.

Per la Cassazione, l'ordinanza del riesame del 28 gennaio 2022 - contro la quale la difesa della Pivetti ha fatto ricorso - »ha dettagliatamente ricostruito anche le movimentazioni di danaro conseguiti alle compravendite« evidenziando, con varie rogatorie, »che i flussi finanziari generati dalle stesse non sono stati disposti nè ricevuti dalle parti contraenti«. Non è stata emessa alcuna »fattura« per la compravendita della scuderia, non è stato trovato nemmeno »un conto corrente attivo« e questi - uniti »all'assenza di una autonoma sede sociale e di personale dipendente« - sono, per la Suprema Corte, »parametri dotati di sicura attitudine dimostrativa« dei sospetti dell'accusa.

Il provvedimento della procura di Milano

Secondo la procura di Milano, lo scopo dei coniugi Isolani-Mascoli era quello »di dissimulare la proprietà dei beni« della loro scuderia - tre Ferrari da corsa, un trattore stradale Iveco Stralis, un semirimorchio Imt Miele - e »sottrarli« all'Erario al quale erano debitori di circa 5mln di euro, mentre »l'obiettivo« della Pivetti era »di acquistare il logo Isolani-Ferrari per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe, senza comparire in prima persona«. Stando a quanto ricostruito dai pm milanesi, Isolani e la moglie »simulando la vendita dell'intera scuderia, hanno di fatto ceduto soltanto il logo«, mentre Pivetti, ad avviso dei magistrati, ha comprato quel logo a 1,2 milioni di euro e lo ha rivenduto al gruppo cinese a »10 milioni«. Il 25 gennaio si tiene l'udienza preliminare davanti al gup per i cinque imputati, Pier Domenico Peirone, consulente di Pivetti, ha patteggiato ad aprile una condanna a un anno e 10 mesi.

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Il Messaggero