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Kevin Laganà, 22 anni, era il piccolo della squadra. Adesso la palazzina alla periferia di Vercelli dove abitava è una sacca di dolore. Fanno gruppo gli amici, la fidanzata è seduta per terra e piange. «Era stato assunto un anno fa, non era preoccupato per il fatto di lavorare sui binari di notte. Anzi, il suo lavoro gli piaceva», racconta.
L'ULTIMO MESSAGGIO
Allegro, affettuoso, legatissimo a suo papà. Un'ora prima di morire il padre ha postato una storia sui social e il ragazzo ha lasciato la sua ultima frase: «Ti amo». Alla stazione di Brandizzo arriva Cinzia, una cugina. «È sempre stato un grande lavoratore, da quando aveva 18 anni, con un sorriso brillante, educato e con tanta voglia di vivere. È terribile che sia tutto finito». Il suo cruccio è trovare le parole giuste per consolare il padre, «è un dolore troppo grande, non sappiamo come dirglielo», si dispera con le mani sul viso. «Chi è un genitore capisce, è uno strazio, non sai come affrontarlo. C'è solo tanta rabbia». Per quello che è successo e per le voci che raccoglie sul piazzale della stazione: «Sentivo dettagli sui corpi delle vittime a pezzi ed è una cosa che ti distrugge. Come si fa a dire una cosa così? Non sono dei puzzle». Kevin Laganà era originario di Messina, a 19 anni si è trasferito al nord per lavorare, di fronte alla fatica non si tirava indietro e ha trovato un posto alla Sigifer srl, di Vercelli, azienda specializzata in armamenti ferroviari.
LA DEDICA
A riempire il resto della sua vita c'erano la fidanzata, gli amici, il fratello e il padre. La sua dedica per la Festa del papà era colma d'amore: «Tu sei la cosa più importante che abbia nella vita, il miglior padre che si possa avere. Ti amo, sei l'unica cosa al mondo che mi fa star bene e che ogni giorno quando ti vedo spero di non staccarmi mai da te perché cosa di meglio non c'è». Accanto a Cinzia c'è la compagna del padre, Melania. «Kevin lavorava spesso di notte, l'ultima volta l'ho visto ieri sera a cena. Ogni tanto gli dicevo: "Stai attento". In teoria non è un lavoro pericoloso, ma quando sai che fai manutenzione, lo fai perché sei certo che in quel momento sui binari non circolano i treni. E lui non aveva paura di niente». L'angoscia le spezza le frasi: «Era il figlio del mio compagno, ma l'ho cresciuto, gli volevo un bene dell'anima».
LA VERITÀ
La cugina Cinzia chiede verità su ciò che è accaduto. «Non ci hanno dato alcuna spiegazione per il momento - afferma - Il papà e il fratello sono distrutti e non ci vogliono credere. Un errore? Non lo so, probabilmente sì. Uno sbaglio però si può fare per una persona, ma qui sono morti in cinque».Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero